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venerdì 9 dicembre 2011

Il tempo di chiudere il portone e riaprirlo

Da un po' di mesi a questa parte mi sono accorto di quanto in fretta passi il tempo. Alle volte, parlando del più e del meno, affronto argomenti chehanno a che fare con il passato, con cose che facevo da piccolo, con la mia infanzia, con la scuola e l'università: allora tutto pare bloccarsi come in un sogno, e mi rendo conto che certi amici, quelli più intimi, sono già dieci anni (alcuni di più) che li conosco, e mi chiedo quante cose fa una persona in dieci anni, quante vite conosce, quanto viavai di gente incontra saluta e abbandona, e mi rendo conto di essere in corsa, sento il vento tra i (pochi) capelli, vedo i panorami sfocati, la vita ha un sapore un po' più sciapo, il calore è un po' più tiepido. Mi rendo conto che la mia vita è in discesa, ma non perché sia facile, non in quel senso: la mia vita sta correndo e io non sembro starle dietro, cerco di afferrarla per godermi certe cose ma non pare ascoltare, credo di essere a gennaio e invece siamo già a agosto.
Ci sono dei pro in tutto questo: le giornate lavorative volano, ma qui, ne sono certo, entra in scena un altro fattore. Da un po' di tempo a questa parte, due mesi circa, sto vivendo la mia quotidianeità lavorativa come una parentesi, come un intervallo doveroso (nel senso di legato al dovere) che mi allontana dalla mia esistenza consueta e abitudinaria. Esco di casa, Le saluto entrambe, e non appena chiudo il portone inizio già a pensare a cosa farò quando, quasi dieci ore dopo, lo riaprirò per salutarLe e abbracciarLe di nuovo. Questa è la chiave, almeno per me: è vero, si vive per lavorare e si lavora per vivere, ma non è SOLO questo, fortunatamente c'è altro. E Loro mi hanno aiutato a capirlo.
E come diceva Alex Britti
"se la vita corre la lascerò girare/
farò del mio meglio per non farla rallentare/
se la vita corre allora corro anch’io/
fino a che mi fermerà un giorno qualche dio"
Grazie.

22.08.11

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