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mercoledì 11 aprile 2018

Romaticismo inglese/2



Hawes è un ridente paesino nel Nord dello Yorkshire. Non lo consideri a meno che tu non sia un appassionato di hiking, e anche in questo caso magari ci sono altri posti migliori da visitare. Ciò nonostante è popolato da turisti che sciamano lungo l'unica via (degna di nota) del paese, entrando e uscendo da tea rooms, negozi di attrezzatura sportiva e pub. Le pietre scure con le quali tutte le case sono costruite possono sembrare povere, rozze, fredde, in realtà per chi ama questi posti trasmettono un rassicurante senso di "casa". Ma Hawes ha anche un altro asso nella manica, che forse non tutti apprezzano e conoscono, ma che te la fa amare e ricordare anche a distanza di anni. Se camminando decidi di uscire dal centro in pochi minuti sei immerso nella verde e ridente campagna dello Yorkshire: via via che ti allontani dalla strada asfaltata e ti immetti nella Penine Way ti sembra di trovarti in un mondo a parte, un toccasana per il tuo spirito. A luglio in questa zona dell'Inghilterra non fa assolutamente freddo, ma si sa, il tempo britannico è un giullare, ti fa credere che puoi vestirti leggero salvo poi sorprenderti con improvvise piogge mai comuque troppo pesanti. Il vento soffia leggero spazzolando l'erba, che dove non è stata brucata dalle mucche e dalle pecore ti arriva anche al ginocchio. Intorno a te pascoli di pecore che masticano placide, emettendo belati che si rincorrono per tutta la vallata; rondini e altri uccelli volano tra le fronde degli alberi che costeggiano i muri a secco, ma guarda dove cammini! Potresti inavvertitamente inciampare in qualche tana di lepre... Eccole lì, sfrecciare a gran velocità man mano che prosegui nel tuo sentiero.
Dove si sta andando? Ah già, Hardraw Force, le cascate: dieci minuti che camminiamo in questi campi e già ho resettato il perché mi trovo qui, è così bello vagare e farsi abbracciare da questa pace! Oltrepassato un cancelletto di legno arrivi a un fiume, scavalcato da un ponte (ovviamente anch'esso in pietra) sotto il quale, scalzi, giocano dei bambini. Dimmi un po', ma in che epoca siamo?!? E' davvero il 2016?!? Perdi non sai quanti minuti a guardare i bambini giocare, poi ti ricordi che sono quasi le cinque di pomeriggio, e forse è il caso di raggiungerla questa benedetta cascata. Arrivi finalmente alla strada asfaltata, davanti a te alcune casette ed un pub, proprio di fianco all'entrata della Hardraw Force... Che ovviamente è chiusa! Siamo arrivati tardi, ma è davvero un problema? Ci guardiamo intorno, decidiamo che è il momento di entrare in quel delizioso pub tutto in pietra: al suo interno un'atmosfera idilliaca, scure e possenti mura sono riscaldate dai balzi della fiamma che scoppietta nel camino, mentre le birre che teniamo in mano risplendono di freschezza e frizzantezza.
Usciamo fuori, ci sediamo ai tavoli, respiriamo e ascoltiamo: nessun rumore diverso dai belati, dagli uccelli che volano, dal respiro del fiume lì vicino, nessuna macchina che passa, in lontananza solo le risate degli avventori del pub. Terminiamo le nostre birre e ci incamminiamo nuovamente verso Hawes, che già sta tramontando il sole.
A cosa è servita questa camminata senza obbiettivo preciso? A tutto e a niente, di sicuro ci ha fatto capire che si vive passo dopo passo, sentiero dopo sentiero, e se anche non raggiungiamo l'obbiettivo prefissato magari lungo il percorso abbiamo vissuto esperienze ben più importanti di ciò che avremmo potuto ottenere in altro modo.
"The Hallowing of Heirdom" degli inglesi Winterfylleth è esattamente questo, una placida camminata nella campagna dello Yorkshire, senza motivo, solo una contemplazione e un "prendere parte" della splendida natura che ti circonda. Non ci sono sorprese in questo disco, le tracce scorrono via placidamente tra un arpeggio di chitarra e un coro lontano, ma attenzione! Non aspettatevi un disco di black atmosferico come ci hanno abituato finora i Nostri! Con questo album gli inglesi spogliano la loro musica, tolgono le armature e mettono a nudo l'amore che nutrono per i luoghi in cui vivono e le eredità che hanno lasciato loro. Niente blast beat, niente furiosi scream, solo strumenti a corde, fiati, percussioni, e voci mai così evocative. Un capitolo essenziale della discografia dei Winterfylleth, un lavoro che va affrontato senza pretese, con calma, va fatto maturare e crescere, deve cullare l'ascoltatore e conquistarlo con piccolissime sorprese. Di fatto, l'altra faccia della medaglia della musica dei Nostri, e per questo meritevole di considerazione.

Elder Mother

https://www.debaser.it/winterfylleth/the-hallowing-of-heirdom/recensione

martedì 10 aprile 2018

Romanticismo inglese



Se c’è una cosa che la musica sa fare è riunire sensazioni, ricordi ed emozioni: bastano poche note, qualche arpeggio di chitarra, e se le corde toccate sono quelle giuste in un attimo possono riaffiorare alla mente fotografie, odori, rumori, scene vissute e momentaneamente riposte in qualche cassetto della memoria.
Songs from the Fyrgen” è un inno all’Inghilterra, al suo folklore, alla sua storia certo, ma per come lo vivo io, per le esperienze che ho vissuto e che fortunatamente ancora vivo, è soprattutto la celebrazione della Natura inglese. “Heathen folk music”, tre parole che ricorrono spesso quando si parla di Dan Capp e della sua creatura Wolcensmen, e la definizione è quanto mai corretta. Se si vogliono fare dei parallelismi possiamo dire che la one-man band britannica innesta un processo di revival della musica folk “ancestrale” o comunque “pre-cristiana” inglese simile a quanto fanno i Wardruna per quella norvegese. Sono del parere che per parlare di musica in maniera efficace si devono anche mettere in gioco altri sensi e sensazioni, e non essendo così familiare con la penisola scandinava così come lo sono per a terra di Albione non posso espormi più di tanto. Posso però dire questo: “Songs from the Fyrgen” è un bellissimo e mutevole dipinto raffigurante l’aspetto bucolico della campagna inglese, cangiante come il suo clima, capace di sorprenderti con piccolissime gioie e di riscaldarti con semplici gesti.
Posso vederle le brughiere nebbiose nelle quali pascolano, indisturbati, cervi e mucche: la mattina è fresca e la nebbia lascerà presto il posto alla rugiada che si depositerà sull’erba verdissima e perennemente fradicia. Intorno a te quell’odore di legno, di terra, di pietre coperte di muschio, i muri a secco creano percorsi che si perdono all’orizzonte; e improvvisamente la coltre di nebbia è squarciata dai raggi di sole, un sole solo apparentemente freddo e distante, in realtà sa raggiungere il tuo cuore e riscaldare le tue ossa infreddolite in un modo unico, tutto suo.
Nella musica di Wolcensmen c’è fierezza, umiltà, amore per le proprie origini e per il proprio passato: con dolcezza il Nostro descrive una natura armoniosa e al tempo stesso apra, una terra piena di contrasti, di colori solo apparentemente pallidi, di sapori da scoprire pian piano. La chitarra arpeggiata, i fiati, le percussioni, persino gli sporadici synth, tutto è perfettamente bilanciato e fondamentale alla realizzazione del progetto del Nostro. Se cercate dei riferimenti musicali questi possono essere rintracciati nelle primissime produzioni degli Ulver, nei Winterfylleth acustici (Capp è anche un loro membro, e si sente), negli Empyrium.
Un disco fatto di piccole cose, di piccoli gesti, di piccole emozioni e gioie, così come la natura inglese oggetto delle canzoni che lo compongono: una delle sorprese più belle del recente panorama neofolk/pagan. Come un bellissimo quadro Romantico, “Songs from the Fyrgen” bypassa ogni parola e ogni possibile descrizione e arriva direttamente al cuore, conquista e commuove: va solo ascoltato e assaporato con delicatezza e tranquillità.

The Fyre-Bough
https://www.debaser.it/wolcensmen/songs-from-the-fyrgen/recensione