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giovedì 28 febbraio 2013

Natura sciamanica



Smise di pensare alla vita nel momento stesso in cui accettò di buon grado l’idea della morte.
In piedi, sulla cima del pendio, la sua faccia tagliata da gelide sferzate di vento, aveva un’espressione calma, decisa sul da farsi: senza rimpianti, senza remore, senza desideri particolari se non quello di fare un passo e di lanciarsi nel nulla, per abbracciare le impetuose acque della cascata che scrosciava qualche metro vicino a lui. Si sentiva destinato a qualcosa di diverso, a un fine diverso dalla vita che stava vivendo, si sentiva pronto per un passo successivo, per qualcosa che aveva sempre percepito  come scritto per lui ma del quale non aveva ancora trovato il nome.
Fece un passo dunque, e per un attimo si sentì quasi bloccato a mezz’aria: in quell’attimo un raggio di sole oltrepassò le fronde delle conifere secolari di quello che aveva individuato essere come il luogo della sua consacrazione nella natura… Questo raggio lo inondò, intorpidì i suoi occhi e sostituì alla sua vista una luce splendente e talmente bella da essere insopportabile. Non sentì il bisogno di riaprire gli occhi però: il mondo era lì, di fronte a lui, lo vedeva con la mente, lo percepiva con i sensi di mille creature viventi che, in quel momento, stavano osservando silenziose il suo gesto. Sentì un formicolio agli arti, cominciava a non sentirli più, o meglio, percepiva che si stavano come sgretolando, che stavano smaterializzandosi in miliardi di gocce d’acqua che, raggruppate, cadevano giù verso il bacino della cascata. Si accorse che i suoi capelli erano di colpo cresciuti tantissimo, ed avevano assunto una forma e una consistenza assimilabile al muschio e alla fresca erba del sottobosco mattutino… I suoi occhi, come detto, vedevano ora il quel luogo nel suo insieme, i suoi sensi erano i sensi dei lupi, delle volpi, degli uccelli, dei pesci, e di ogni altro animale che respirava e viveva nel raggio di cento chilometri… La sua pelle era ruvida come aghi di pino, il suo respiro fuoriusciva dal suo corpo, ormai quasi del tutto scomparso, con la consistenza della nebbia che alla mattina e alla sera sega in due gli alberi nella radura.
Non sentì l’impatto con i turbini della cascata, ormai lui stesso era diventato cascata, e non fratturò le sue ossa contro il fondale roccioso, perché lui era roccia e sassi, e i suoi arti e la sua pelle non furono straziati dagli animali del fiume e della riva, perché lui era gli animali ormai. Fu così che la sua vita prese un senso, che sentì finalmente di essere a casa, e poté esplodere nella sua rabbiosa gioia nel modo più primitivo che conosceva, festeggiando la vittoria della vita che si era manifestata attraverso la morte.
La scena “cascadiana” ormai è da ritenersi un sottogenere propriamente detto del black metal: non ci sono più motivi per prestare i gruppi che ne fanno parte ora al folk, ora al black, ora al post black metal, hanno ormai una propria identità, figlia della forza di un movimento (non solo musicale) ben radicato negli spazi naturali dai quali trae la forza e nei quali vive. Degni alfieri e rappresentanti di questo genere musicale sono senz’altro i Fauna, che con i loro due precedenti LP sono sempre andati molto vicini a fare il botto e a ricevere una meritata consacrazione che finalmente hanno potuto ottenere con il loro ultimo “Avifauna”, anche grazie al prezioso operato della Pesanta Urfolk, etichetta sempre molto attenta a questi generi di gruppi. La nuova release del duo cascadiano è composta da cinque pezzi, due dei quali intermezzi e ipotetiche intro per i brani a seguire, i quali, va detto, sono caratterizzati da una notevole durata (dai 17 ai quasi 30 minuti di lunghezza). Se devo essere sincero la cosa mi aveva un po’ spaventato, almeno all’inizio: non sono nuovo a lunghe suite di questo genere musicale, ma trenta minuti mi sembravano davvero un’esagerazione, eppure mi sono dovuto ricredere. Il minutaggio estremamente esteso pensato per questi pezzi permette loro di dispiegarsi in tutto il loro crescendo emotivo, partendo magari da una semplice base acustica, o da un cinguettio di uccelli, per poi crescere di intensità con ritmiche che rievocano rituali sciamanici o paesaggi notturni caratterizzati da una natura imperante. Tutto dunque funziona a dovere in questo “Avifauna”, i brani non stancano ma coinvolgono l’ascoltatore e lo decontestualizzano, trasportandolo in mondi di cui le canzoni sostituiscono il paesaggio, che viene animato e popolato secondo la propria sensibilità.
Un po’ Wolves In The Throne Room, un po’ Alda e Skagos, i Fauna hanno, come detto, centrato il bersaglio con il loro nuovo lavoro, regalando agli estimatori del Cascadian Black Metal l’ennesimo lavoro imprescindibile per la loro personale collezione.


"I am floating home on the blood of the wind,
The warning of ages burns within me.
As owl flies, winding by,
Our labyrinthine minds entwine."


Soaring Into Earth

http://www.debaser.it/recensionidb/ID_38914/Fauna_Avifauna.htm

mercoledì 27 febbraio 2013

Accident'a voi e al chiacchierare



Ma quanto vi piacerà chiacchierare?! Quanto vi garberà far suonare questo telefono? Ma ci state un po' zitti, non riesco nemmeno a respirare, sento di non poterne più di voi, delle vostre parole, delle vostre lamentele, delle vostre voci che alla fine dicono tutte la stessa cosa, suonano tutte uguali.

Ho bisogno di silenzio e di musica, grazie.

The Harpy

venerdì 15 febbraio 2013

It's time that I confess: I must have loved you

 
I watch the Western sky
 The sun is sinking
 The geese are flying South
 It sets me thinking

I did not miss you much
 I did not suffer
 What did not kill me
 Just made me tougher

I feel the winter come
 His icy sinews
 Now in the fire light
 The case continues

Another night in court
 The same old trial
 The same old questions asked
 The same denial

The shadows close me round
 Like jury members
 I look for answers in
 The fire's embers

Why was I missing then
 That whole December
 I give my usual line:
 I don't remember

Another winter comes
 His icy fingers creep
 Into these bones of mine
 These memories never sleep

And all these differences
 A cloak I borrow
 We kept our distances
 Why should it follow I must have loved you

What is the force that binds the stars
 I wore this mask to hide my scars
 What is the power that pulls the tide
 I never could find a place to hide

What moves the Earth around the sun
 What could I do but run and run and run
 Afraid to love, afraid to fail
 A mast without a sail

The moon's a fingernail and slowly sinking
 Another day begins and now I'm thinking
 That this indifference was my invention
 When everything I did sought your attention

You were my compass star
 You were my measure
 You were a pirate's map
 A buried treasure

If this was all correct
 The last thing I'd expect
 The prosecution rests
 It's time that I confess: I must have loved you
 
 

giovedì 14 febbraio 2013

Infinite ricorrenze



Sono passate diverse settimane dal mio ultimo post, settimane volate, soprattutto da quel venerdì 4 gennaio che, sono certo, non mi scorderò mai. Da quel momento è stata tutta una frenetica corsa, tutta proiettata verso un unico obbiettivo ed un'unica data, che ora sembra ancora lontana, ma visto come sto correndo penso che questo 13 luglio arriverà molto presto. Che poi, a ben pensarci, 13+7+2013 = 1+3+7+2+1+3 = 17, e 7+1= 8, e chi mi conosce sa quanto questo numero valga per me.
Di fatto, senza volerlo, tante date per me importanti, tanti codici, tanti numeri seriali che popolano la mia vita sono riconducibili al numero 8, e il bello è che queste cose non le ho mai cercate, sono sempre venute da sole. E non è un caso che questi giorni stiano scorrendo sotto il segno del numero 8, il quale, se vogliamo, può essere assimilabile al simbolo di infinito, o può essere scomposto in due cerchi, perfetti. E allora mi viene da pensare al cerchio, e a tutto ciò che questa figura rappresenta per me: gli occhi, grandi, marroni, rotondi, della persona che presto sposerò; un anello, che, in culo alle convenzioni, sarà tutto sommato "diverso", e avrà valenza solo per noi; l'Aikido, filosofia di vita (più che arte marziale) che fa della circolarità e dell'infinito alcuni dei suoi aspetti cardine; la musica, materializzata sottoforma di CD e vinili, che grossa parte avranno nel mio matrimonio, e tante altre piccole cose che non sto a scrivere adesso. Non è un caso poi che la persona che sto per sposare mi abbia proposto di leggere un libro, che, se vogliamo riassumerlo in una massima, può essere "niente capita per caso". Questo libro mi sta insegnando a fare caso alle coincidenze, e a interpretarle non tanto come combinazioni ma come segnali di un cambiamento, di un qualcosa che sta avvenendo e del quale faccio parte anche io... E sarò sincero, da quando ho preso coscienza di questa cosa, nulla sembra essere lasciato al caso, e tutto sembra essere in qualche modo collegato.
Lasciando da parte tutte queste seghe mentali, mi ha fatto un immenso piacere notare negli occhi e nella voce delle tre persone che ho scelto per accompagnarmi quel giorno la gioia, la sorpresa, e in alcuni casi la vera, sincera emozione che li ha fatti per un attimo vacillare. Forse trascinato dall'enfasi del momento credo che questi attimi siano indimenticabili nella vita di una persona, invisibili marchi infuocati che ti si stampano a forza sulla pelle e che lì rimarranno, per sempre, a ricordarti che in fondo non sei solo, da qualunque parte ti giri, e a qualunque livello ragioni, qualcuno per il quale hai fatto qualcosa di buono (e che ha fatto e fa qualcosa di buono per te) lo troverai sempre. Lo stress delle prime settimane sta pian piano scemando, sostituito da una forte presa di coscienza di quanto sta accadendo, e da una calma che credo mi abbia insegnato la pratica dell'Aikido (non prendetemi per fissato e integralista di questa disciplina, se anche voi avete provato la necessità di fare qualcosa perché vi calma e vi fa stare bene sicuramente capirete la mia fissazione... L'Aikido prende tanto, è vero, sia in termini di tempo che di energie, ma restituisce il doppio). Ora tutto sembra essere chiaro e incasellato perfettamente in direzione di un obiettivo, e le cose sembrano muoversi animate da una luce e da una serenità che prima non avevano.
Insomma, quello che sto attraversando è un bel periodo, non lo nego, e me lo sto godendo, non ho paura di dirlo e di tirarmi addosso la sfiga. Se fai le cose con tranquillità, se sorridi mentre ti muovi, forse davvero riesci a modificare tutto ciò che ti circonda in modo che sia un po' più benevolo nei tuoi confronti... Credo ancora di vivere in un luogo tutto sommato indifferente a me, ma credo anche di aver capito come convivere con le mie insicurezze, con la ruvidità di certe persone, e credo di aver trovato un certo equilibrio, un modo che mi permette di vivere un po' più sicuro e tranquillo sul domani. In fondo, di fatto, non è che mi manchi nulla per stare bene: un gruppetto di amici ormai consolidati, una persona che mi ama, una cagnolina che stravede per me (e che io adoro alla follia), delle passioni che muovono la mia vita e che mi placano (siano esse la musica, l'Aikido ecc), dei sogni che costituiscono il mio futuro, e qualche persona speciale che so che ci sarà sempre, no matter what.
Per quanto mi riguarda mi sento un po' come il protagonista di Furari: mi piace sorprendermi delle piccole cose, assaporare ogni piccolo successo, prendere il mio tempo, respirare con calma, e cercare di vivere quanto mi circonda con un po' più di calma rispetto al solito. Camminare quindi, non correre!

Appalachian Springs