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giovedì 22 maggio 2014

Quando il vento smetterà di soffiare


 

Alle volte rimani colpito da persone che non conosci semplicemente guardandole in foto, o leggendo cosa altri dicono di loro. E' successo anche questa mattina.
E' come nei cartoni animati, quando un quintale di mattoni crolla in testa al malcapitato di turno: ti senti gelato, inebetito da quello che hai appena letto, non ti dai spiegazioni ma ci rimani male, di cuore, perché la cosa ti ha toccato in un modo che non capisci.
Wilhelm aveva un anno più di me: qualche settimana fa aveva deciso di mettere in standby la propria etichetta, per ragioni di tempo e per momentanea mancanza di voglia e di stimoli. La cosa mi aveva fatto rimanere un po' male, anche perché era un'etichetta carina, in grado di scovare nel fitto underground di band "strane" del Nord America (ma non solo) vere gemme. Ho detto "strane" perché Wilhelm era molto trasversale nei suoi gusti musicali, passando con disinvoltura dal black metal caotico e tendente al noise al post black sognante ed etereo, ma tutto ciò che decideva di produrre, tutte le passioni che assecondava, sapevi che erano centellinate ma che erano di notevole fattura. Anche perché spesso e volentieri le confezioni di questi album erano curate da lui stesso, assemblate da lui una per una, spesso in poche copie numerate. Era insomma una persona che, quando credeva in qualcosa, ci si buttava a capofitto, con la modestia che i suoi occhi ed il suo sorriso mi hanno comunicato subito anche quella mattina in cui ho letto che se ne era andato.
E' stata sua moglie a dare questo annuncio, senza dare spiegazioni, dicendo solo "...Wilhelm is no longer among us". Il post continuava parlando di questo ragazzo, di come fosse in grado di illuminare con il suo spirito le persone e le cose che aveva intorno, e chiudendo con "Wilhelm, darling-- please rest in peace, the world is a little less bright without you..."
Arrivato alla fine del messaggio come detto non sapevo cosa pensare, avevo solo gran confusione in testa, con immagini e suoni che si legavano tra loro. Due foto in particolare mi sono tornate in mente, collegate ad un disco specifico.
In una c'era una ragazza, con gli occhi tristi, infreddolita sebbene la foto fosse bagnata da tinte tutto sommato calde, autunnali. La ragazza teneva in mano una tazzona forse di caffè, e stava seduta (credo) sul sedile posteriore di un'auto tutta stretta attorno ad un giaccone a righe sformato... Se non fosse stato per i colori e per altri particolari avrei detto che si trattava di una reduce di un campo di concentramento.
Nella seconda foto c'era invece una casa, con alla sua sinistra un bellissimo albero in fiore (pareva un pesco), e sullo sfondo altre case isolate. La cosa bella di questa immagine, al di là dell'effettiva rilevanza estetica, stava nel fatto che la foto era stata scattata in pieno inverno (c'era neve in terra e sul tetto delle case), ma l'albero si ostinava a fiorire, con le sue foglie che brillavano dorate immerse in una luce che tanto mi ricordava quella che caratterizzava la foto precedente.
Il disco che ho istintivamente legato a queste foto, a Wilhelm, e alla sua storia, è un disco dolce e freddo, lontano e raggelante come il vento che soffia di continuo citato nel suo titolo. E' un disco che parla di amore, di abbandono, di malinconia e di dolcezza, e lo fa con parole scandite lentamente ma urlate da lontano, come se fosse lo stesso vento a trasportarle. La musica, lontano dall'essere aggressiva (sebbene nasca da un genere che faceva della rabbia e della ferocia la sua ragion d'essere) sa essere sferzante, sa tagliare ma non è repulsiva, ti attrae in maniera ipnotica e ti avvolge... Proprio come quel cappotto sformato di quella ragazza. E anche la sensazione di caldo/freddo veicolata dai pezzi è la stessa che la luce con la quale sono state scattate le foto dona ai volti e ai paesaggi.
Il gruppo (anche se di fatto si tratta di una sola persona) che ha fatto questo disco lo ha dedicato alla ragazza in copertina (la madre dell'artista), ma leggendo il post della moglie di Wilhelm il collegamento con lui è stato automatico, e credo che anche lo stesso artista (il cui disco è stato pubblicato proprio dall'etichetta di Wilhelm) leggendo la notizia immediatamente avrà ricollegato le cose.
Ormai sono alcuni giorni che è comparso questo post ma ancora ci penso, e non me ne faccio una ragione: penso che lui aveva quasi la mia età, penso a cosa possa essere successo per aver interrotto così bruscamente la sua vita, e penso all'enorme, immenso, freddo vuoto che lasci quando te ne vai così, da un giorno all'altro: anche se, ne sono sempre stato convinto, se sei una persona buona, se hai fatto alcune belle cose per chi ti sta intorno, quando te ne andrai lascerai comunque un alone dorato, una presenza, un profumo che le persone ricondurranno sempre e assoceranno sempre a te. Così sarà anche per Wilhelm, così è stato, almeno per quanto mi riguarda, per David Gold prima di lui.
"Until the Wind Stops Blowing" è l'ultimo disco dei Clouds Collide, monicker dietro il quale si nasconde il solo Chris Pandolfo. Il genere proposto fa capo ad un post-black metal molto venato dallo shoegaze ("Blackgaze" o "Blackenede Shoegaze" ho letto anche): per capirsi, siamo dalle parti del primissimo Alcest. Il gusto per la melodia sognante innestata su tappeti black accomuna i due, anche se lo scream di Pandolfo è meno potente e lancinante di quello di Neige, più effettato e fuso con i contorni della musica che propone, quasi uno strumento aggiunto. Inoltre dove i primi dischi di Neige potevano ricordare un tiepido pomeriggio autunnale qui siamo in pieno inverno, in una mattina caratterizzata da un cielo sgombro di nuvole e da folate improvvise di vento gelido... Freddo e vento che caratterizzano tutto il lavoro, dal titolo a vari innesti nei vari pezzi. Si tratta di un lavoro da ascoltare tutto d'un fiato, in grado di cullare l'ascoltatore sebbene la proposta non sia, ovviamente, delle più dirette ed accessibili.
Attualmente non so quale possa essere la reperibilità "fisica" del disco (non credo sia un problema per il formato digitale): causa la chiusura dell'etichetta per la quale è stato pubblicato, Khrysanthoney, credo che il punto di riferimento principale rimanga l'autore stesso. E' comunque un lavoro che va ascoltato, almeno prima che arrivi l'estate, quando è ancora vivo il ricordo dell'inverno. Di certo va ascoltato quando si vuole pensare a qualcuno che non c'è più, perché come dice lo stesso Pandolfo parlando del suo progetto, i cardini sui quali fonda la sua musica sono "Music. Life. Death. Dreams. Memories. Nostalgia. Ups. Downs. "

Nota: non volevo che venisse fuori un elogio funebre, ma questa è la natura delle mie "recensioni blogghettose": scrivo solo se la musica mi comunica immagini, e stavolta è andata così. Spero di non avervi tediato, ma mi sentivo di scrivere due parole su una persona che non c'è più e su un gran disco che, per fortuna, sono riuscito ad acquistare, e che terrò ancora più caro.


The Way the Wind Blew

http://www.debaser.it/recensionidb/ID_40912/Clouds_Collide_Until_the_Wind_Stops_Blowing.htm 

venerdì 9 maggio 2014

Sulla musica sofferente e sul pathos

 

immagine "rubata" ai Clouds Collide


Certa musica soffre.
Alcuni dischi lo senti che patiscono, lo senti nella voce del cantante, straziata e straziante, graffiata e graffiante (è la prima cosa che salta all'orecchio di un ascoltatore non avvezzo a certe sonorità), ma se questa musica è il tuo pane quotidiano, se ne ascolti a palate tutti giorni, riesci tranquillamente ad andare oltre alla voce disperata, e lì cominci a fare diversificazioni, e a capire cosa colpisce davvero il cuore e cosa invece si ferma alla pelle, e quindi cosa rimarrà indelebile (o comunque per un po' di tempo) e cosa invece sarà cancellato dall'ascolto successivo.
E' bello allora rendersi conto che certi dischi catalogati come depressive, strappalacrime e strappamutande, che possono causare tendenze suicide ecc, alla fine ti mettono quasi di buon umore, li ascolti con disinvoltura e senza neanche attenzione; così come è bello, ascolto dopo ascolto, rendersi conto che un disco apparentemente semplice si rivela di una complessità inaspettata, e che anche se apparentemente dotato di melodie (che parola da usare nel black metal!) ariose e cristalline sa veicolare una malinconia piacevole che non ti aspettavi affatto di trovarci.

"Pathos [πάθος, pathos] (dal greco πάσχειν "paschein", letteralmente "soffrire" o "emozionarsi") è una delle due forze che regolano l'animo umano secondo il pensiero greco. Esso si oppone al Logos, che è la parte razionale. Il Pathos infatti corrisponde alla parte irrazionale dell'animo.
Per gli antichi greci questa "forza emotiva" era strettamente collegata alle realtà dionisiache o comunque dei riti misterici. Per questo il Pathos indicava tutti gli istinti irrazionali che legano l'uomo alla sua natura animale e gli impediscono di innalzarsi al livello divino.
Nell'Italiano moderno può assumere il significato di carica emotiva e di commozione derivati dalle rappresentazioni teatrali e delle arti figurative in genere, il sentimento insito in un'opera. In epica, quando si parla di pathos, si intendono quelle sequenze della vicenda più cariche di emozioni, come quando si descrive qualcosa di triste, una sofferenza."

E' proprio questa la condizione che si crea in questi momenti, e fa così strano alla gente che sia un genere (apparentemente) intransigente come il black metal a crearla... Perché non sanno che non si tratta di black metal soltanto, ma di un figlio bastardo di unioni ora con il post rock, ora con lo shoegaze, ora con il folk, ora con il post HC. Lo dicevamo con un mio amico qualche giorno fa:

"D. - Ma quanto sarà bello il black metal, ancora dopo 25 anni regala soddisfazioni
Io - Vero?
D. - Credo che quello che cantava con me e diceva/scriveva che era stato il nuovo punk avesse ragione... Se pensi a come generi siano riusciti a modificarsi, cambiare, infiltrarsi e rimanere vitali aveva proprio ragione
Io - No no infatti, è vitalissimo, molto più di tanti altri generi nel metal... E per come era nato, così oltranzista, è quasi un paradosso."

Questo post è nato da alcuni ascolti che sto facendo in questi giorni: tra scoperte e riscoperte mi sono reso conto che c'è un filo conduttore in tutto quello che ascolto, il pathos appunto, il saper emozionare (con la malinconia nel mio caso), e poco importa se si parla di Cascadian Black Metal, Depressive Black Metal, Post Black Metal o altre diversificazioni simili, l'importante è arrivare a questa condizione.


Qualche ascolto:

Clouds Collide - As If a Dead Leaf
Harakiri For The Sky - Mad World
Regarde Les Hommes Tomber - II Wanderer Of Eternity
So Hideous - My Light
Saor - Roots
Wolves In The Throne Room - I Will Lay Down My Bones Among The Rocks And Roots
Alda - Wandering Spirit
Thränenkind - This Story of Permanence

...e tante altre...