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giovedì 1 dicembre 2011

Dove vivono i ricordi

Fa e un respiro profondo e chiude gli occhi: nelle sue palpebre, un caleidoscopio di immagini.
Una foto seppiata, che lo ritrae con un capellino di lana, a pochi mesi di vita, preso in braccio da un nonno con una sigaretta in bocca che gli sorride (con il fumo che, a giudicare dall'espressione che ha, gli va nel viso, e non gli fa neppure tanto piacere).
Una foto in bianco e nero della mamma, giovanissima, coi capelli neri corvini, quando ancora era felice.
Lui, un po' più grandicello, con una felpa blu che solleva un legno e dice al suo babbo che è fortissimo, e che la prossima volta che faranno a braccio di ferro lo batterà (non è vero, non ci è mai riuscito).
I suoi cani e gatti, ne ha visti tanti in questi anni, alcuni di loro gli mancano anche ora, se ben ci riflette.
I giorni delle elementari, quando tornava da scuola, saliva nella Renault 5 della mamma e le diceva che aveva preso un bel voto, "V" (in realtà era il "visto" della maestra, ma la mamma era comunque fiera di lui).
L'impermeabilino giallo e le galosce blu che aveva comprato con il babbo nel negozio di un vecchio signore vicino casa, e che, si disse, "ora vedrai se non gli garbo a Marianna" (vecchia fiamma dei tempi dell'asilo, Marianna, forse perché più grande, forse perchè correva dietro a Rudy, non lo ha mai considerato).
Le estati delle scuole elementari, passate fuori a giocare, fare finte trasmissioni TV con la videocamera del babbo, studiare sui librini di Pac e Billy, e quella volta che rovesciò tutti gli scaffali in un negozio, e il babbo per impaurirlo lo portò di fronte a una scuola e gli disse "questo è il collegio, se non fai il bravo ti ci lascio" (e lui che pensava invece: "e i vestiti? e i giocattoli, come faccio a giocare solo con questo qui che ho adesso per un intero anno?")
Le scuole medie, e quelle risse coi compagni di scuola.
Il primo amore, che pare il primo amore di Piero in OvoSodo (per altro della stessa durata, una settimana circa, e senza neppure un bacio, che per lui al tempo era roba da grandi).
Le cabine telefoniche, le tascate di gettoni (prima) e le schedine (dopo, e delle quali peraltro faceva collezione).
I giocattoli, tanti, anche uno al giorno, viziatissimo com'era.
La volta che, dopo aver visto la prima puntata delle tartarughe ninja, andò al corso di pallacanestro con la cintura blu dell'accappatoio legata intorno alla vita (perché la sua tartaruga preferita era Leonardo, e lo è tutt'ora).
Suo nonno, che, ne è certo, se ci fosse aiuterebbe molto a migliorare le cose.
Le scuole superiori, e con esse il primo cellulare, il motorino ("vedi queste luci rosse" diceva il babbo, "quando si accendono nella macchina davanti frena sennò ci batti").
Le discussioni, col tempo sempre più frequenti, dei suoi genitori, e lui che si rintanava sotto le coperte e si diceva che l'indomani sarebbe stato più tranquillo (a tutt'oggi ha paura in certe notti).
I cartoni animati delle 14:00, dopo scuola, gli amici alle 15:00, i cartoni del pomeriggio (e forse, in tutto questo, anche i compiti).
La prima storia d'amore importante, un logorìo senza fine (e Raf con "Infinito" che ne era diventata la colonna sonora).
L'ultimo giorno di quinta superiore: le sbornie, le acquate, la cena con i prof e le "interviste doppie", eppoi la maturità, la gran paura e un 92 che sapeva di "essere adulto".
L'università, i capelli lunghi, le tante conoscenze (alcune importantissime), i fratelli e le sorelle, tre anni passati in fretta che si è goduto tanto, ma che avrebbe voluto godersi di più.
Lei, che ha messo a posto tantissime cose e che ancora le sta mettendo, da sei anni a questa parte indelebile punto fermo.
La laurea, il babbo che piangeva, e la festa con gli amici.
La Scozia, l'unico posto dove ha lasciato il cuore e dove tornerebbe ogni fine settimana.
Il mondo del lavoro (e finora si può considerare fortunato), le due nuove vite (da solo e la convivenza), il cane e quella voglia di tornare a casa dopo una giornata di lavoro (perché quella è l'isola felice dove Lei e il suo cucciolo la attendono).
Apre gli occhi, le immagini si sbiadiscono, si bagnano un po' di lacrime: li richiude e nuove immagini compaiono, immagini di una vita che deve ancora vivere.
L'addio al celibato con gli amici.
Il matrimonio nella chiesa in campagna che tanto ama, con la musica in sottofondo che lui ha scelto con attenzione (già, la musica, che compagna di vita anche quella).
Un figlio, al quale insegnare le parolacce, a giocare a pallone, a suonare, a amare la musica (di nuovo) e gli animali.
E al suo funerale, quanto vorrebbe che fosse come in quel film, con quelle parole che tanto vorrebbe che qualcuno dicesse (o pensasse) di lui:
"There's a man Ian never got to know, the man he was growing up to be. He's a goodlooking clear eyed fella... about 25. I can see him. He's the type of guy men want to be around, because he has integrity, you know ? He has character. You can't fake that. And he's a guy women want to be around, too. Because there's tenderness in him... respect... and loyalty, and courage. And women respond to that. Makes him a terrific husband, this guy. I see him as a father. That's where he really shines. See, when he looks in his kid's eyes and that kid knows that his dad really, really sees him... he sees who he is. Then that child knows that he is an amazing person. He's quite a guy... that I'll never get to meet. I wish I had."
Riapre gli occhi, inspira profondamente, e fa un passo avanti.



30.09.11

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