Translate

mercoledì 14 dicembre 2011

Bagni pubblici



Sono nella mia vecchia scuola elementare, al primo piano: quello dove ho fatto la quinta, quello dove passavo le mezz'ore di intervallo girellando tra i grandi saloni, quello dei "grandi". Devo andare al bagno, ogni volta per qualcosa di diverso: si può trattare di un bisogno, oppure devo cambiarmi un vestito, oppure non so, devo solo andarci.
Apro la porta blu scura in finto legno: la maniglia è di metallo lucido e freddo, posso sentirla anche ora. Quello che vedo non è un semplice bagno, ma un salone. Le mura sono scalcinate, l'intonaco cade a pezzi e dove non c'è le pareti sono gialle, di un giallo malsano, che ti fa stare male. La parete in fondo è tutta occupata da grandi finestroni che si affacciano su non so dove, non mi sono mai affacciato; fuori è giorno ma il cielo deve essere velato, dato che non filtra il sole. Grosse file di neon pendono dal soffitto, alcune funzionano, altre meno; il pavimento è mezzo divelto, molte mattonelle mancano e dove sono presenti sono le vecchie mattonellone di graniglia quadrate, quelle che andavano negli anni Settanta.
L'intero salone è occupato da bagni, di tutti i tipi: alla turca, normali, aperti o riparati da pareti e da porte. Ce ne sono veramente tantissimi, alcuni sono chiusi, sembrano essere occupati, sento respirare dall'altra parte della porta ma non chiedo chi c'è: non che me ne importi, scelgo un bagno libero, ce ne sono così tanti...
Mi ricordo ancora il tragitto che faccio ogni notte: entro, vado a dritto attraversando un corridoio, poi a destra, a dritto e a sinistra, dove trovo il "mio" bagno. Ora non so dire se sia sempre lo stesso, stanotte era questo. Nonostante l'aspetto demolito del salone il bagnetto che ho scelto mi appare confortevole, intimo nel vero senso della parola. Una volta lì abbasso la seggetta, vi salgo sopra appoggiandomi al lavandino sulla sinistra e cerco di aprire una finestrella stretta stretta posta in alto, sopra il water: un'apertura coperta da un vetro opaco, reso ancora più scuro da una fitta rete di ragnatele che lo avvolgono.
E' sempre così, da un po' di notti a questa parte. C'è chi commenterebbe questo sogno con "vuoi esprimerti fuori dall’ambito familiare, ma temi che gli altri ti giudichino per quello che sei o che ancora non sei", altri direbbero "ti senti invisibile agli occhi delle persone che quotidianamente ti circondano"... Non lo so, fatto sta che ho, è ufficiale, un nuovo sogno ricorrente.

Three

Nessun commento:

Posta un commento