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martedì 17 gennaio 2012

Castle Metal


D'improvviso il giorno si fece buio. Il cielo si velò di una fitta coltre di nubi, così dense e spesse da non far trasparire nemmeno più un raggio del caldo sole estivo. I contadini, seppur presi dal loro lavoro, alzarono tutti di scatto il capo, stupiti dall'avvenimento; i bambini nella piazza del comune congelarono i loro giochi, chi indicando il sole scomparso chi chiamando a gran voce la propria mamma; bottegai, viaggiatori, poveri e ricchi sospesero le loro attività e con stupore si fermarono a osservare quanto di inconsueto (e terribile) stava accadendo. Furono le campane della cattedrale a risvegliarli dal torpore, rintocchi continui, frettolosi, affannosi, come se anche Dio stesso, materializzatosi nel metallo del campanaccio, stesse tremando di paura.
La gente trasalì, e corse urlando nelle proprie case: gli animali fuggivano ovunque impauriti, e quelli che non fuggivano cercavano la morte tuffandosi nel fiume vicino. Uomini e donne, principi e mendicanti cercarono alla bell'e meglio di raccattare le loro quattro cose e di barricarsi in casa il più in fretta possibile.
E vennero i quattro Cavalieri dal cielo. Le nubi si squarciarono di colpo rivelando un orizzonte infuocato, solcato da un re su un superbo cavallo bianco: il re iniziò a scagliare dardi infuocati ovunque, e fu l'Apocalisse.
Lo seguì un destriero furioso dal manto rosso sangue, cavalcato da un guerriero che brandiva una spada, e a ogni fendente qualcuno moriva, a ogni fendente un uomo uccideva un altro uomo, e fu Guerra.
Carestia venne poi, sul suo cavallo nero pece, con la sua bilancia in mano a dettare le sorti dell'umanità: orzo e grano divennero costosissimi, mentre i nobili poterono continuare a gozzovigliare alle spalle del povero.
E infine fu Morte, con il suo cavallo giallognolo, smunto e malato: la sua scia lasciò dietro di sé cadaveri, carestia e pestilenza, e pochi riuscirono a sopravviverle.
Il passaggio dei Quattro Cavalieri decimò la popolazione della cittadina, che cadde in un sonno profondo, per poi risvegliarsi, giorni dopo, priva dei suoi più cari affetti.
...e su una spiaggia poco distante una partita a scacchi era appena iniziata...
Circola per la musica degli Obsequiae la definizione di "castle metal": se in effetti pensiamo a come riescano a inserire, nel loro epico folk tinto di black metal (o viceversa), anche inserti acustici e parentesi suonate con strumenti medievali classici (uno tra tutti, la ghironda), rievocando atmosfere e scenari di quel periodo storico, la definizione appare corretta. Per semplificare il tutto è sufficiente però pensare a questo "Suspended in the Brume Of Eos" come a un ottimo album di folk black metal, sulla scia di gruppi statunitensi come, per esempio, i Falls Of Rauros (con i quali il gruppo ha in comune non solo l'etichetta ma anche la passione per le partiture acustiche e il folk). Disco suonato veramente bene, da musicisti che sanno il fatto loro, questo primo full lenght degli americani non deve però essere preso sotto gamba o ascoltato senza attenzione: l'album degli Obsequiae si dimostra ricco di sfaccettature e di interessanti risvolti a ogni ascolto, rivelandosi disco in grado di conquistare pian piano e di perdurare a lungo nel vostro lettore.

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