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domenica 23 giugno 2013

Serata di pensieri

NB: questa foto è stata "rubata" a un caro amico, spero non se n'abbia a male

Stasera mi sono messo a pensare a tante cose: è normale, non sono molti giorni che sono solo dato che la mia ragazza è fuori per lavoro, ma questi pochi giorni sono bastati per far tornare il vecchio "me", che mi ha fatto tanta compagnia in passato e che non manca di venirmi a trovare quando, appunto, sono solo.
Ho pensato tanto dicevo, e ho pensato che:
-il mio matrimonio sarà uno spettacolo, se non altro perché è mio e mio soltanto (o nostro, nostro soltanto, ma il risultato è lo stesso);
-Ginny è un cane intelligente fuor di misura, sa che deve fare il bisognino prima di andare a letto, e se se ne dimentica basta dirglielo e lei lo fa, perché come le mamme insegnano ai bambini "due goccioline di pipì prima di dormire vanno fatte";
-"The Mantle" degli Agalloch è uno dei migliori dischi che abbia mai ascoltato;
-"In The Shadow Of Our Pale Companion" degli Agalloch è una tra le più belle canzoni mai scritte;
-Ho un monte di lavoro da fare da qui al matrimonio, so che verrò subissato da stress e compiti di vario tipo, ma sti cazzi, mi sono fatto un "piano di azione" che partirà domani, vediamo se funziona;
-amo la mia ragazza, ma odio i suoi cavolo di vestitini con le pieghine che ti mandano al manicomio quando li stiri;
-adoro la mia città, Siena, soprattutto la domenica sera d'estate, ancora non sotto Palio, quando tanta gente è ancora a cena, le finestre sono aperte e senti le loro chiacchiere, mentre fuori un leggero venticello rende il caldo sopportabile, e le strade sono quasi deserte nella mia Contrada (cosa che mi permette di godermela al meglio, cioè senza gente, per lo meno quella che non sopporto);
-non vedo l'ora di essere in Canada;
-prima o poi mi costruirò un altare pagano tipo questo;
-se quanto ho studiato per organizzare la mia vita e i miei impegni di qui al matrimonio va in porto sono un grande;
-è bello fare regali, non c'è dubbio, ma se una donna te li fa, se quella donna è la tua ragazza/moglie, e magari non te l'aspetti, cavolo se ti sorprende, cavolo se non sono belli... Rimani come Holden quando una ragazza gli sorrideva o faceva qualcosa di carino per lui, te ne innamori;
-ancora non ho ben capito se sono una buona persona o no, ma fanculo, io credo di sì dai;
-il Cascadian Black Metal è il MIO genere musicale preferito, non ci sono cazzi;
-la Scozia è il mio luogo preferito, e amo alla follia Edimburgo, e spero di poterci tornare entro la fine del 2013;
-mi piacerebbe anche tornare in Spagna però, perché a ben pensarci a Madrid ci sono stato bene, sebbene non mi ricordi nemmeno un monumento, piazza o luogo particolare... Eppure mi è rimasta addosso come un profumo. Come Bergen. No via, Bergen è altra roba, dopo Edimburgo è lì che vorrei andare a vivere;
-che quando sei preoccupato e nel panico siediti e butta giù cosa ti preoccupa, poi alzati e guarda il foglio dall'alto: cazzo se funziona!
-mi manca mio nonno, e mi sarebbe piaciuto conoscere lo zio scozzese della mia ragazza;
-c'è un unico modo degno di salutare le persone che ci lasciano, e secondo me è quello mostrato alla fine di "Svegliati Ned"... Sláinte!

...ho già detto che "In The Shadow Of Our Pale Companion" degli Agalloch è una tra le più belle canzoni mai scritte?


giovedì 20 giugno 2013

Programma di vita

 
 
"Io so che non è facile
riuscire a proiettarsi nel futuro
immaginando come sarà
la vita andando avanti;
le scelte che farò
saranno sempre più importanti
dei dubbi che ho
che oggi sono ancora tanti.
 
E' necessario che io sia coerente con me stesso
per dare il peso giusto e un senso a tutto il resto
ed è importante che non faccia cose in cui non credo
per non confondermi e dover tornare indietro...
è necessario, è necessario...
 
Oggi è un nuovo giorno
e se vorrò potrò passarlo meglio,
guardando verso il sole
cercando il tuo sorriso al mio risveglio;
non so cosa farò
non mi farò troppe domande,
so solo che vivrò
e questo forse è più importante... "
 
 

mercoledì 19 giugno 2013

Old man and his dog


C’avrò perso dieci minuti ieri a guardarli, ho fatto quasi tardi a lavoro, ma non potevo non osservarli.
Un signore anziano, sull’ottantina, pelle abbronzatissima, cannottieraccia bianca, cappellino del Consorzio Agrario, jeans scoloriti abbottonati molto alti, cammina per la via che porta al mio ufficio. Zoppica un po’, per questo si aiuta con un bastone, che lo sorregge dal lato destro. Nella mano sinistra tiene al guinzaglio un cagnolino di stazza simile al mio (quindi piccola taglia), un meticcio baffuto e vispo color grigio-marrone. Il signore avanza, pian piano: fa qualche passo… poi si ferma… poi riparte… poi si ferma a leggere i necrologi… poi riparte in direzione dell’edicola, e così via. Il cagnolino, in perfetta simbiosi con il padrone, cammina quando lui cammina, si blocca quando lui si ferma, e ogni volta che vede il padrone ripartire lo guarda un attimo e via, coda dritta sempre al suo fianco.
Mai uno strattone al guinzaglio, mai il muso in terra a cercare chissà cosa, mai un segno di protesta, solo fedeltà, pace e tranquillità.
Una scena del genere mi ha quasi commosso: forse perché anche io padrone di un cane, forse perché l’abbinamento anziano-cagnolino mi smuove sempre, forse per il film che mi sono fatto nella testa (il cagnolino è stato regalato qualche anno fa al signore dai suoi figli per tenergli compagnia, magari in seguito alla perdita della moglie, e adesso i due sono invecchiati insieme), fatto sta che, come detto, sono quasi arrivato tardi a lavoro ma non potevo non riflettere un po’ su questa scena.
Riflettere su cosa?
Boh, la fedeltà, tra uomo e cane, del cane verso l’uomo, tra uomo e uomo;
i taciti rapporti che si instaurano tra uomini e animali;
il rapporto che i cani hanno con gli uomini e viceversa;
quanto sia vincolante, in senso positivo ed affettivo, legarsi ad un cane, al quale spesso si affida il proprio cuore, le proprie paure e le proprie ansie, e lui assorbe tutto, e come una pianta sintetizza, rielabora e riconsegna tranquillità e, semplicemente, presenza;
…e tante altre riflessioni che ora non mi tornano in mente, ma che mi hanno investito in quei minuti come una folata di vento caldo.
Ecco, chiedo scusa per lo sfogo, ma bisognava che mi segnassi questo momento per non perderlo tra le tante cose che affollano la mia mente in questi giorni.
A Dog's Story

venerdì 14 giugno 2013

Il piccione



C’è un piccione in giardino, lo vedo dalla finestra, mentre prendo il caffè in attesa di ricominciare a lavorare. Sono abbastanza agitato, non nervoso, almeno non tanto da rispondere male alla gente, ma sento una sorta di urgenza addosso, una voglia di uscire, di mandare a quel paese la gente, di dire “arrangiatevi”, “cavatevela da voi”, “mi vedi ma è come se non ci fossi”, ma non posso. La vita, si sa, è fatta di impegni, di gente che ti cerca per chiederti i favori, di rospi ingoiati e di cose fatte per forza, perché senti che vanno fatte e che altrimenti nessuno le farebbe, e il giocattolino si romperebbe. La senti spingere l’urgenza, ribolle dentro di te e a fatica la trattieni, senti che ti stanno prendendo in giro, ti stanno manovrando, stanno abusando del tuo buon cuore, si stanno approfittando di te, e l’unica risposta che sai darti, come il bambino occhialuto malmenato dal bulletto a scuola che è convinto che, da grande, gliela farà pagare, l’unica risposta dicevo è “sì sì approfittatene ora, perché alla prima occasione buona vedete cosa faccio io…”. Parole al vento, buttate lì in un momento dove stanchezza, stress, tensione, fatica e tanta, ma tanta voglia di NON fare, si accumulano dentro di te.
C’è un piccione dicevo, mi metto autisticamente a guardarlo mentre giro, lentamente, la paletta nel caffè. Fuori si sta bene: dopo tanta pioggia al 12 giugno finalmente si è decisa ad arrivare questa cavolo d’estate… Mi mancava, mi fa quasi senso dirlo, visto quanto amo il freddo e quanto ripugno le temperature sopra i 15°: mi mancava perché era contro natura questo freddo, perché per come sono schematico io avevo già messo in conto le prime sudate, e il fatto che non arrivavano, il fatto che dovevo addirittura stare ancora a maniche lunghe, il mal di gola addirittura, tutto questo mica mi tornava tanto.
Il piccione se ne sta tranquillo tranquillo nel cortile interno: pesticcia sull’erba, bruca ogni tanto qualcosa, metodicamente si sta girando tutta la superficie erbosa disponibile, con calma, senza stress. In effetti ha poco di che spaventarsi: c’è un silenzio pressoché totale in cortile, e le cinque palme che svettano ai vertici ed al centro di esso ogni tanto sono mosse dal vento, e le loro fronde si agitano leggermente producendo un suono simile a quello delle onde del mare. Un suono calmo, piacevole, rilassante. Chiudo un attimo gli occhi, con il viso rivolto verso il sole, quasi chiamato a condividere con il piccione la pace che sta vivendo in quel momento. Quando li riapro sento di nuovo quella cavolo di nostalgia crescere dentro di me: da tanto mi accompagna questa strana sensazione, ogni tanto si riaffaccia la mancanza di qualcosa, sia essa una persona, un cane, un gatto, un momento… Questo giochino alle volte mi ha anche portato alle lacrime, è un momento in cui mi sento davvero solo e senza appigli particolari, un momento in cui mi tornano alla mente età dell’oro ormai passate e figure magari neanche lontane nello spazio o nel tempo, ma solo impossibili da avere lì in quel momento preciso. In questo momento sento la mancanza di Follonica e dei miei amici, di Rimini e del primo pomeriggio passato all’ombra sullo sdraio a bordo piscina, con in mano il libro da leggere come compito assegnato dalla professoressa di italiano e nelle orecchie un po’ di musica. Sento la mancanza della mia ragazza e del mio cane, e di quando tutti insieme siamo andati al mare, sento la mancanza delle giornate passate in piscina con gli amici e il bisogno del semplice non fare nulla, e ho sonno, sono stanco, e vorrei solo sdraiarmi in quell’erba vicino al piccione, sotto le palme.
Quando mi trovo a fare cose che non mi piacciono o che mi vengono imposte solo perché qualcun altro non le può/vuole fare reagisco un po’ come un bambino: metto il broncio e mi intristisco. In questo momento sono un po’ così, a metà tra il triste, l’assonnato e lo stanco, e sinceramente non vedo l’ora che questa giornata finisca e che, in generale, arrivi un po’ di tranquillità. Non sto male intendiamoci, anzi si sta avvicinando uno dei momenti più felici della mia vita, solo che quando mollo un po’ la presa e rilascio la tensione la stanchezza prende il sopravvento e la nostalgia si riaffaccia, ed è sempre un po’ difficile ripartire poi… Anche se oggi il piccione mi ha un po’ aiutato.

Temporary Peace

martedì 21 maggio 2013

Bachelor party


Addio al celibato “privato” (che si differenzia dal probabile addio al celibato “pubblico” che potrebbero organizzarmi i miei amici per il fatto che ero in compagnia di me stesso), destinazione: Romagnano Sesia, ameno paesello sulle sponde di un fiume nell’alto Piemonte, per godermi il concerto del (forse) mio gruppo preferito, gli americani Agalloch.
Con le minacce di un nubifragio in atto tra Liguria e Piemonte salgo in macchina quando a Siena stava sbucando un timido sole autunnale (siamo a maggio ma sembra a tutti gli effetti settembre). Partono i Massive Attack, “100th Window”: bel disco certo, ma sento subito che non è quello giusto… E nemmeno tutti i miei vari dischi black mi sembravano adatti, per questo lungo viaggio (quasi cinque ore, passando per Genova eppoi su fino in Piemonte) ci voleva qualcosa che mi permettesse di guardarmi un po’ dentro e contemporaneamente alle spalle, visto che doveva essere una sorta di tappa intermedia in direzione del fatidico 13/07. E così prendo la penna USB e metto su la mia compilation di pezzi anni Novanta, e si parte.
Chi mi conosce sa bene quanto possa essere sentimentale e nostalgico, e quanto visceralmente sia attaccato, da un punto di vista musicale, a quella decade, nella quale ho scoperto la musica, ho iniziato ad apprezzare i video musicali ed i CD, e della quale non posso che avere dolci ricordi. Il bello di questi pezzi è che li ho selezionati in base ai video: ho ben impresse nella mente le mattine passate a fare colazione guardando MTV prima di andare a scuola, o i pomeriggi, mentre facevo i compiti, sempre accompagnato da quelle immagini e da quei suoni che, a posteriori e confrontandoli con la spazzatura che circola per radio e tv oggi, erano davvero oro.
Eppoi,km dopo km, inizio a cantare, sempre più forte… Roba mai fatta, io che odio la mia voce e che mi ritengo stonato ai massimi livelli! Si vede che lo specchio musicale stava realmente iniziando a riflettere il mio io, che veniva fuori con un suono magari sgraziato, ma di certo carico di passioni, ricordi, e con un sorriso stampato sulle labbra.
All’altezza di Genova, tra una galleria e uno scorcio sul mare impensabilmente illuminato dal sole, nonostante le previsioni, il crollo. “Will you stay with me, will you be my love, Among the fields of barley? We'll forget the sun in his jealous sky, as we lie in fields of gold” dice Sting, e istintivamente guardo verso il sole e le montagne, e sento gli occhi gonfiarsi di lacrime… Il bello è che non so dire a cosa stavo pensando, a tutto e niente di fatto, ma una serie di immagini, di flash su presente, passate e future hanno creato un’alchimia con il pezzo devastante.  Che su un lentone come quello ci può anche stare, ma non so “Everlong”… Questo pezzo ha qualcosa di speciale, con tutto che non ho mai realmente considerato i Foo Fighters band da “disco” ma da “singolo” (quindi quasi di serie B nella mia spocchiosa percezione) questa canzone mi ha sempre dato i brividi per come sa essere cupa, disperata, rabbiosa ma insieme dolce, tenera e protettiva. Anche qui stesso discorso, immagini miste, spezzoni di video misti a vita reale, e giù lacrime.
Passata questa parentesi ligure in Piemonte il tenore è stato diverso, più proiettato verso il futuro, quindi sempre cantando come uno scemo, sempre ridendo e parlando da solo, ma niente lacrime. E magia delle magie, la fine dell’ultimo pezzo è coincisa con il mio arrivo a destinazione: sullo note di “Your Woman” dei White Town ho spento il motore e sono sceso di macchina.
Il concerto da solo è stata un’altra esperienza per me strana: non mi era mai successo di essere solo in un’occasione del genere, ma sempre restando sul tema della giornata volevo vedere come stava il mio io in mia compagnia, soli (in mezzo a altri, ovvio) in una bella serata di musica live. E così è stato: ingresso nel  locale in piena tranquillità, atmosfera rilassata, eppoi, luci spente e totale immersione nella musica.
I Fen li conoscevo, ma non mi aspettavo una prova così muscolare da vivo, mi sono davvero piaciuti… Gli Agalloch beh, nemmeno ce le spreco delle parole… Mancano forse di ritualità, e sebbene ci stiano lavorando su non sono ancora sul piano di gruppi come i Wolves In The Throne Room, ma questo solo se vogliamo davvero cercare il pelo nell’uovo… Poi, quando ti chiudono il concerto con un pezzo come questo c’è poco da fare, emotività a palate!
Il giorno successivo, con le orecchie che ancora erano riempite da quel “fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii” fastidiosissimo, risultato di un'esposizione prolungata a suoni un po' altucci, faccio colazione e riparto alla volta di Siena. Stesso tragitto dell’andata, stavolta sotto una pioggia abbastanza insistente al confine tra Piemonte e Liguria, stessa colonna sonora dell’andata, ma un posto vuoto accanto: il mio io non c’era più, o meglio, non era più percepibile come all’andata, ma non l’ho presa male. Di fatto ci eravamo detti già tutto, non c’era bisogno di sprecare altre parole… Ho pensato solo a una frase di Scrubs, che non ricordo nitidamente, ma che diceva che le migliori chiacchierate sono i silenzi complici e tranquilli che vivi con certe persone, che quando se ne vanno sembra di averci fatto la migliore conversazione della tua vita. Per alcuni amici, ottimi amici, e per certe persone, ciò è vero, ma non sapevo si potesse dire anche di me stesso.
In fondo questo viaggio mi è servito a una cosa: ho capito che, tutto sommato, in mia compagnia mi trovo bene, è che non sono poi così malvagio come persona… Almeno quando sto in silenzio!

Woodsmoke


 
Questa musica odora di legno bruciato e di falò, ha il suono delle foglie che scricchiolano e dei rami secchi che scoppiettano e si rompono al calore della fiamma. Sulla pelle è umida come la nebbia autunnale, come la nebbia è densa e ovattata, sospende il tempo e lo spazio e ti lascia solo pochi sensi a disposizione.
Nei ricordi e nella mente è panteismo ed immersione nella natura, è momentanea pace con il mondo , e si materializza in un sorriso che ha del malinconico.

Once we played in this forest in the shade of the tall trees
at the dawn of this particular time.
But many an aeon has passed since and many a fate has changed.
...And our great woods died. No new seeds have been planted for ages
And those that were have been torn out from the soil.


Last Vestige Of Old Joy

martedì 14 maggio 2013

Ginny e Neve


Stamattina, prima di iniziare a lavorare, ho aperto una pagina web di un sito che visito spesso, e uno sguardo, a me stranamente familiare, ha attratto la mia attenzione: due occhioni chiusi, un musone schiacciato a terra, un’immagine che avevo ben presente, mi ha quasi chiamato a sé.
Via via che discorrevo lo scritto i miei occhi si sono lentamente riempiti di lacrime: non ho pianto solo perché ero a lavoro, ma dentro di me, leggendo quelle righe, una serie di immagini prendevano vita e attraversavano i miei occhi come se le avessi davanti in quel momento. Qualcuno alla fine dell’articolo commentava: “il cane, forse più di tutti gli altri animali domestici, tende ad assorbire molto del padrone, fino ad arrivare quasi ad assomigliargli, a esserne una sorta di estensione. Così poi quando muoiono si prova una sensazione strana. Quando successe a me provai dolore certo, ma non come quello della perdita di un famigliare e nemmeno un amico, era come se non avessi più una mano, un piede, un braccio, qualcosa di simile. Se ne vanno e si portano via per sempre una parte di te, spesso la migliore.”
Questa persona ha tradotto perfettamente ciò che ho sempre creduto anche io: i cani non sono animali domestici, non sono parte della famiglia, ma sono parte di te, sono una proiezione di parte del tuo carattere, vibrano al vibrare della tua anima e rispondono di conseguenza… Si plasmano in relazione al padrone, accogliendone e facendo propri pregi e difetti del carattere: penso alla mia cucciola, che come me è ombrosa, selettiva nelle conoscenze, maniacale nell’ordine delle sue cose e nella casa (mai i giocattolini fuori posto, e non ti azzardare a lasciare qualcosa che non vuole sul tavolo di casa…)… Penso alla mia cucciolona, che non abita con me da ormai qualche anno ma è rimasta a casa dei miei, ma che per me è come una sorellona, una “cavallona” che ho sempre adorato abbracciare, stringere a me, con la quale ho sempre fatto la lotta nel bosco e che, quando ero malato e con la febbre, mi si piazzava (spesso) sopra, con le zampe distese e il muso appoggiato al petto, e lì restava a lungo, alzandosi e allontanandosi solo per qualche minuto. Adesso Neve è anziana, ha 12 anni, nell’animo sarebbe ancora cucciola, ma il fisico, ahimè, sta cedendo. Ogni tanto provo a pensare a cosa succederà quando non ci sarà più, a come se ne andrà, ma la mia mente si blocca, e le lacrime spingono sulle palpebre: non è giusto pensarci adesso.
Ginny, di quasi tre anni, e Neve, così come Charlie e Stella prima di loro, hanno dato e stanno dando tanto alla mia vita, chiedono poco o niente in cambio, solo affetto e carezze: sono fiero dei miei due cani.
Grazie Ginny, grazie Neve, e grazie autore di questo articolo che mi hai fatto pensare a questa cosa.

A Three-Legged Workhorse