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domenica 1 settembre 2019

Septembre et ses dernières pensées



Quando settembre inizia te ne accorgi da piccole cose: non è necessario guardare il calendario o controllare la data da qualche parte, è una sensazione che senti a pelle quasi, una sorta di risveglio dal torpore e dalla calura estiva che ti avevano addormentato fino a quel momento.
Sono mesi di cambiamento quelli autunnali che stanno per iniziare, ma dei quali già senti la presenza. Giorni in cui la natura ti sorprende per l’ultima volta con i suoi colori più belli, tira fuori un calore che non ti saresti aspettato, sembra vivere con una forza maggiore rispetto a quella, teoricamente strabordante, con la quale ti aveva colpito nei mesi precedenti. E’ una carezza delicata, fatta di ombre che si fanno più lunghe sotto tramonti rossastri, di serate in cui la brezza scuote le fronde degli alberi, in cui cominci a sentire il bisogno della camicia o del giacchetto leggero, in cui i raggi del tramonto accendono le foglie che si fanno giorno dopo giorno più gialle. Sono giorni magici, nostalgici, malinconici, belli, l’aria è frizzante ed energica, e anche quando piove, anche quando ti svegli e la nebbia copre i tetti, in fondo in fondo non è così male.
Con questa predisposizione di animo mi sono visto con un caro vecchio amico, compagno di banco di scuola, una persona con la quale ho trascorso almeno tre anni importanti, anni nei quali crescevi, diventavi “grande”, anni nei quali iniziavi ad affrontare le prime vere sfide, e il sapere che avevi vicino una persona come te, che sapeva capirti e aiutarti anche solo con una parola, ti dava forza e coraggio. Poi succede che quando cresci prendi una strada e le persone con le quali hai passato tanto tempo spariscono: non per cattiveria, semplicemente imboccano un altro sentiero in uno dei tanti crocicchi della vita. Eppure mentre cammini, ora tra boschi intricati, ora in mezzo a prati aperti, in lontananza lo vedi sempre il tuo amico, intento anche lui a barcamenarsi tra sfide in fondo non dissimili dalle tue. Poi, come dicevo, per puro caso a distanza di anni un giorno ti senti con lui e decidete di rivedervi per una birra o due, e non sembra passato nemmeno un secondo dal diploma di maturità. E credo che una predisposizione d’animo propensa alla rievocazione dei ricordi, alla riconciliazione, al confronto tra amici, alla comprensione, a quella pacca sulla spalla che ti era mancata finora, siano tutte figlie di una stagione malinconica eppure positiva che sta per iniziare, come l’autunno. E così tra una birra e l’altra parli di ricordi di scuola, di gite, di amori presenti, passati e futuri, di vecchi videogiochi, di vita e di morte, di passioni recuperate e tramandate, di momenti persi e poi riguadagnati; parli di birra, delle piccole gioie della vita, di case nuove, di convenzioni sociali e di gabbie mentali, e le ore volano senza che te ne accorgi. E quando ti saluti lo fai con la promessa di rivedersi presto, magari a casa nuova, per bersi qualche birra in terrazzo perdendo lo sguardo tra le foglie della quercia che hai in giardino.
Quali sono le connessioni tra l’autunno, l’aver rivisto un caro amico, e la musica degli Ashbringer? Non so di preciso ma istintivamente, dopo aver salutato il mio amico ed aver messo su “Absolution”, ho sentito come un filo conduttore che piano piano legava tutti i miei ricordi, il mio trascorso e le mie speranze. E ancora una volta mi sono trovato a riconoscere la bontà della proposta del gruppo di Minneapolis, che non stravolge quanto fatto con il precedente “Yugen”, procedendo su quelle coordinate autunnali, malinconiche e dolci e dando alla luce un disco forse un pizzico meno passionale del precedente, se visto nella totalità, ma di certo di pregevole fattura. Un black metal atmosferico mai troppo veloce o feroce, con richiami naturalistici e “selvatici” tanto cari alla scuola “cascadiana”, intriso di pennellate folk e progressioni post-rock, una tavolozza sonora i cui colori predominanti sono quelli, come già detto, autunnali, con largo spazio quindi alle digressioni strumentali, alle progressioni “post”, ai riff dal sapore consolatorio e rassicurante.
Questo è il periodo in cui va ascoltato “Absolution”, gli va concesso del tempo, va fatto decantare e ripreso dopo un po’ così da permettergli di crescere e di parlare con la sua vera voce. E’ un disco onesto, che conquista pian piano, che va saputo leggere e che va lasciato parlare, che va guardato negli occhi e va ascoltato come un amico che non vedi da tanto, ma che sai che in fondo sta parlando la tua stessa lingua, e che al netto di una voce diversa, magari più matura, e di un aspetto cresciuto e forse burbero, nasconde sempre un animo in fondo non dissimile dal tuo.

Dreamscape
https://www.debaser.it/ashbringer/absolution/recensione

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