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mercoledì 6 febbraio 2019
Viaggi musicali
Amo viaggiare perché mi aiuta a scoprirmi, a conoscermi, a reinventarmi. Ogni viaggio, anche se si tratta di soli dieci giorni, è un'occasione di crescita, se entri in sintonia con il posto nel quale ti trovi riesci alle volte a scoprire lati di te che non conoscevi, ed a svilupparli. Così ogni viaggio è figlio di quello precedente, porta con sé il tuo "io" trasformato e mutato, è quindi un'evoluzione.
La Musica è a suo modo anche lei un viaggio, mentale stavolta: con il tempo, album dopo album, cresci, maturi, ti evolvi, apprezzi cose che non avresti mai apprezzato prima o, di contro, detesti quanto avevi ascoltato fino a l'altro ieri.
E quando lo spostarsi fisico e mentale si uniscono, quando addirittura il secondo ti permette di rivivere le emozioni del primo, accade una specie di magia. Allora ti sembra di essere lì, su quel traghetto che nell'estate del 2012 solcava con te a bordo il freddo mare norvegese, in quella tratta apparentemente infinita che separava Flåm da Bergen. Seduto a poppa osservavo la terra allontanarsi pian piano, il verde delle montagne che si alternava a flash rossi e blu della bandiera norvegese che, garrendo al vento, talvolta si frapponeva tra me e la terraferma. La giornata era splendida, il cielo limpido sembrava riflettere l'azzurro del mare, e non viceversa; non era freddo, almeno per gli standard norvegesi, vero è però che sul ponte della nave il vento si faceva sentire. Me ne stavo seduto semplicemente a fissare le onde incresparsi e le coste boscose darsi il cambio una dopo l'altra, seduto con le gambe incrociate e le mani in tasca, senza pensare a niente, con solo il mio fido lettore MP3 e la musica di sottofondo. La pace era tale che a un certo punto mi ero anche addormentato, o almeno, ero in uno stato di dormiveglia piacevole, rilassante, in accordo con il mondo e con quanto mi circondava, fosse esso una foresta, una cascata, il mare o un fiordo.
Alcune ore dopo il traghetto attraccava a Bergen, ed io non mi ero mai spostato da quella panchina a poppa della nave. Scendendo la scaletta in legno e metallo mi sentivo diverso, cambiato, arricchito. Quel viaggio nel viaggio mi aveva cambiato, solo che al tempo ancora non lo sapevo. Per fortuna oggi i frutti di quel cambiamento sono ancora qui con me, li rinnovo ogni volta, li porto sempre con me, li rinverdisco e li arricchisco, e li ringrazio per avermi reso un po' migliore.
E quando meno me lo aspetto, anche quando sono comodamente seduto su una panchina in un parco a leggere, con in cuffia un disco, ecco che questi ricordi affiorano, riallacciandosi con quello che sto ascoltando in quel momento. Una folata di vento freddo in una limpida e soleggiata giornata d'inverno, ed è di nuovo magia.
Mi sono avvicinato a Osi and the Jupiter solo pochi giorni fa, ma ne sono rimasto folgorato: dietro questo progetto si cela la mente dello statunitense Sean Deth, che nel settembre 2017 pubblica il presente "Uthuling Hyl".
Da un rapido sguardo alla cover e alle suggestioni dell'artwork possiamo pensare di essere di fronte ad un emulo dei Wardruna: diciamo che per un 30% è così, ma la proposta del Nostro prende per fortuna le distanze dal sopra menzionato gruppo. Si tratta di un album di folk ambient, con percussioni tribali e sciamaniche che, unite ad elementi di drone e synth vanno a tessere atmosfere mistiche ed ipnotiche, che conciliano la meditazione e l'introspezione. Nella pagina Bandcamp di Osi and the Jupiter si legge che sin dalla sua nascita "the project has been spiritual connection between nature and the will of the old Gods – channelled through various representations of life, death and rebirth, this connection speaks through these musical creations, resonating as wordless tributes to these nebulous yet fundamental concepts". Non c'è quindi connotazione geografica, a seconda delle esperienze dell'ascoltatore può richiamare i fiordi norvegesi o le foreste del nordamerica, i canti tribali dei popoli del freddo nord europeo o lo sciamanesimo dei nativi. Ci vuole la combinazione ottimale di eventi e situazioni affinché si riesca ad entrare in sintonia con questi nove pezzi, ma una volta che la connessione si è creata se ne ottiene un viaggio di gran bellezza e magia, intimo, riflessivo e calmante.
Musicalmente forse non è un disco per tutti, eppure per l'universalità del modo con il quale parla ai nostri spiriti mi sento di dire che ognuno di noi potrebbe riuscire a trovare una parte di sé in questo percorso musicale.
https://osifolk.bandcamp.com/album/uthuling-hyl
https://www.debaser.it/osi-and-the-jupiter/uthuling-hyl/recensione
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