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giovedì 20 settembre 2012

L'impero della luce


Dal vetro opaco della finestra la vista non era certo delle migliori. Il cielo era grigio, velato da una strana cappa scura, e lui non sapeva bene cosa fosse, se smog o nubi cariche di una pioggia sporca terribilmente restia a cadere. In basso le strade pullulavano di persone che correvano indaffarate, schivando vetture che si incolonnavano e ripartivano, sfrecciavano velocemente come frecce luminose e sparivano una volta svoltato l'angolo. La confusione era tale che non era in grado di udire neppure il cinguettio di quella (povera) coppia di pettirossi che avevano fatto il nido tra gli ossuti rami dell'albero di fronte.
Il fiore ondeggiò i suoi petali, indietreggiando (per quanto poteva, viste le ridotte dimensioni del vasino nel quale era stato piantato) dal vetro, e abbassando la sua corolla giallo oro fermò il suo sguardo su una macchia del davanzale, e come spesso accade quando ci perdiamo nei nostri pensieri e cadiamo come ipnotizzati, ci concentriamo su immagini reali che piano piano perdono la loro forma e lasciano spazio ai ricordi. Riesce quasi a sentirlo il sole riscaldare i suoi petali e le sue foglie, quando tutt'intorno aveva solo campi verdi e vellutate colline che si perdevano all'orizzonte, riesce a vederlo uno dei suoi petali staccarsi, come preso per mano da una leggera brezza di fine estate, danzare cullato del vento e allontanarsi seguendo invisibili trame. Il petalo fluttua, il vento lo spinge di fiore in fiore, e ogni corolla che tocca un nuovo petalo si unisce alla sua viva corsa tra le colline. Qui non c'è la mano dell'uomo, qui c'è solo la natura, che pulsa e freme con il sole ed il vento, con la sua vita semplice, calma e rilassata.
La processione di petali raggiunge, danzando, una vallata dove campi di grano ormai pronto per essere mietuto sonnecchiano al chiarore della luna, illuminati dalle flebili luci delle lucciole. Si divertono, i petali, a circondare i covoni di fieno, in un armonioso girotondo che coinvolge anche le lucciole, giocano a rimpiattino tra le spighe di grano che, frusciando, paiono quasi ridere e soffrire il solletico.
Si allontanano dalla radura: il sole sta quasi per sorgere, e i suoi primi raggi si riflettono sulle braccia meccaniche delle pale eoliche che svettano, come cipressi di metallo, dalle colline circostanti. Da ognuna di esse si dipartono cavi elettrici: il vento sospinge i piccoli petali intorno a queste vene metalliche, in un saliscendi vorticoso che però si arresta improvvisamente alla vista di enormi tralicci di ferro nero che, a valle, punteggiano i campi circostanti e sostituiscono i fiori e gli alberi. Intorno a queste strutture tutto è secco, tutto è arido: anche il vento sembra aver timore a sospingere i fragili petali, che difatti rallentano la loro folle corse, guardandosi intorno come smarriti. Dov'è l'erba, dove sono gli alberi, e perché il sole fatica a uscire da quella fitta coltre di nubi?
Il bello di questi petali è che non si danno per vinti: con coraggio affrontano la giungla di ferro e cemento che li circonda, prendono via via forza, e con un vigore che solo la natura sa sprigionare abbattono, l'uno dopo l'altro, gli orribili tralicci che li circondano, e bagnano con le poche gocce di rugiada mattutina che ancora conservano i grigi palazzi circostanti, che si inebriano di luce e sembrano risorgere dalle loro ceneri. Anche il vento riprende velocità, e li fa danzare tra le finestre spalancate, fa dondolare le altalene e li fa scivolare sugli scivoli che riprendono smalto e vita... Poi salgono su, in alto, verso il sole che finalmente ha vinto la sua battaglia contro le nubi, e si disperdono, esausti, nel cielo ora limpido e sereno.
Ricordandosi di tutto questo e rivedendo queste immagini come se fossero chiare e nitide, il fiore sorride dolcemente, e mentre una delle sue ormai poche foglie si stacca depositandosi sul freddo davanzale un raggio di luce filtra dal grigio vetro e, per un attimo, lo riscalda e lo fa tremare di gioia.
Al sesto tentativo gli inglesi Devil Sold His Soul fanno il botto. Non che prima ci fossero andati leggeri, sia chiaro: il precedente "Blessed & Cursed" aveva già messo in luce le loro potenzialità, ma era comunque ancora un po' acerbo, in alcuni punti (soprattutto nelle ultime tracce) un po' prolisso, e in generale ancora un po' derivativo. Isis, Pelican e altre band facenti capo in generale ad un certo post metal "emozionale" aleggiavano spesso nelle tracce di quel pur buonissimo album. Ma in Nostri con questo "Empire Of Light" sembrano aver cambiato marcia, sembrano essere riusciti a incorporare perfettamente le loro tante influenze e a restituirle in chiave personale. Hanno sempre avuto dalla loro la capacità di emozionare, e in questo lavoro ci vanno giù pesante, trascinando l'ascoltatore in saliscendi intensi e ipnotici, figli tanto degli Isis quanto dei vari Hands o, meglio ancora, degli A Hope For Home (con i quali sento molte correlazioni nelle atmosfere, sebbene questi costeggino maggiormente lidi post, siano essi post metal o post rock, mentre gli inglesi sembrano voler inserire anche partiture al limite dell'emocore).
Per un autunno alle porte, fatto sia di tiepide giornate soleggiate di fine estate, sia di fredde mattinate di inizio inverno, non c'è niente di meglio di questo "Empire Of Light".

It Rains Down

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