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martedì 21 maggio 2013

Woodsmoke


 
Questa musica odora di legno bruciato e di falò, ha il suono delle foglie che scricchiolano e dei rami secchi che scoppiettano e si rompono al calore della fiamma. Sulla pelle è umida come la nebbia autunnale, come la nebbia è densa e ovattata, sospende il tempo e lo spazio e ti lascia solo pochi sensi a disposizione.
Nei ricordi e nella mente è panteismo ed immersione nella natura, è momentanea pace con il mondo , e si materializza in un sorriso che ha del malinconico.

Once we played in this forest in the shade of the tall trees
at the dawn of this particular time.
But many an aeon has passed since and many a fate has changed.
...And our great woods died. No new seeds have been planted for ages
And those that were have been torn out from the soil.


Last Vestige Of Old Joy

martedì 14 maggio 2013

Ginny e Neve


Stamattina, prima di iniziare a lavorare, ho aperto una pagina web di un sito che visito spesso, e uno sguardo, a me stranamente familiare, ha attratto la mia attenzione: due occhioni chiusi, un musone schiacciato a terra, un’immagine che avevo ben presente, mi ha quasi chiamato a sé.
Via via che discorrevo lo scritto i miei occhi si sono lentamente riempiti di lacrime: non ho pianto solo perché ero a lavoro, ma dentro di me, leggendo quelle righe, una serie di immagini prendevano vita e attraversavano i miei occhi come se le avessi davanti in quel momento. Qualcuno alla fine dell’articolo commentava: “il cane, forse più di tutti gli altri animali domestici, tende ad assorbire molto del padrone, fino ad arrivare quasi ad assomigliargli, a esserne una sorta di estensione. Così poi quando muoiono si prova una sensazione strana. Quando successe a me provai dolore certo, ma non come quello della perdita di un famigliare e nemmeno un amico, era come se non avessi più una mano, un piede, un braccio, qualcosa di simile. Se ne vanno e si portano via per sempre una parte di te, spesso la migliore.”
Questa persona ha tradotto perfettamente ciò che ho sempre creduto anche io: i cani non sono animali domestici, non sono parte della famiglia, ma sono parte di te, sono una proiezione di parte del tuo carattere, vibrano al vibrare della tua anima e rispondono di conseguenza… Si plasmano in relazione al padrone, accogliendone e facendo propri pregi e difetti del carattere: penso alla mia cucciola, che come me è ombrosa, selettiva nelle conoscenze, maniacale nell’ordine delle sue cose e nella casa (mai i giocattolini fuori posto, e non ti azzardare a lasciare qualcosa che non vuole sul tavolo di casa…)… Penso alla mia cucciolona, che non abita con me da ormai qualche anno ma è rimasta a casa dei miei, ma che per me è come una sorellona, una “cavallona” che ho sempre adorato abbracciare, stringere a me, con la quale ho sempre fatto la lotta nel bosco e che, quando ero malato e con la febbre, mi si piazzava (spesso) sopra, con le zampe distese e il muso appoggiato al petto, e lì restava a lungo, alzandosi e allontanandosi solo per qualche minuto. Adesso Neve è anziana, ha 12 anni, nell’animo sarebbe ancora cucciola, ma il fisico, ahimè, sta cedendo. Ogni tanto provo a pensare a cosa succederà quando non ci sarà più, a come se ne andrà, ma la mia mente si blocca, e le lacrime spingono sulle palpebre: non è giusto pensarci adesso.
Ginny, di quasi tre anni, e Neve, così come Charlie e Stella prima di loro, hanno dato e stanno dando tanto alla mia vita, chiedono poco o niente in cambio, solo affetto e carezze: sono fiero dei miei due cani.
Grazie Ginny, grazie Neve, e grazie autore di questo articolo che mi hai fatto pensare a questa cosa.

A Three-Legged Workhorse


giovedì 2 maggio 2013

Ombre



Faceva un bel caldo quella mattina di agosto. Sentivo le cicale cantare in lontananza mentre me ne stavo seduto sugli scaloni della banca, attendendo che aprisse, prima di recarmi a lavoro. C'era una leggera brezza nell'aria, il cielo era parzialmente velato ma non minacciava pioggia... Eppoi un bagliore accecante, un turbine di vento dalla forza indescrivibile, frantumò ogni atomo del mio corpo, e mi sciolse nell'aria: solo la mia ombra testimoniò la mia presenza sul freddo marmo dei gradini di quella banca, che l'esplosione rase totalmente al suolo.



Quella tegola doveva essere sistemata: appena seppi che l'indomani non avrebbe piovuto preparai tutti i miei attrezzi ed andai a dormire. La mattina appoggia la scala al tetto, poi rientrai in casa per prendere il necessario e uscii nuovamente.
Avevo appena messo un piede sulla scala quando vidi con la coda dell'occhio l'ombra che proiettavo in terra espandersi a dismisura: mi voltai verso quello che credevo essere il sole ma sentii la mia retina bruciarsi immediatamente. Non ebbi il tempo di gridare, di me non rimase che il vapore, e un'ombra fusa assieme a quella della scala appoggiata al muro di casa.


Sky burial



Si recò a dormire, come al solito, ma al mattino seguente non riaprì gli occhi. La sua vita era stata lunga, ricca di soddisfazioni, votata alla propria fede e ai propri ideali, non aveva rimorsi e la sera, prima di addormentarsi, aveva provato un senso di pace maggiore del solito. Non che non avesse mai provato una sensazione simile: la sua religione, il suo credo, gli avevano fatto assaggiare, giorno dopo giorno, momenti di estasi, ma stavolta era diverso, sentiva che tutti i pezzi del puzzle che componevano la sua esistenza si erano finalmente composti, aveva visto il quadro finale, e si era addormentato con la pace nel cuore.
L'indomani, dalla cima dei cieli nella quale la sua anima si era recata una volta abbandonato il corpo, poté osservare la scena. Alcuni uomini, suoi amici di vecchia data, si recarono in camera sua, sollevarono le sue membra, le spogliarono e le portarono fuori dall'edificio, intonando una nenia e accompagnando i loro passi da scampanellii ipnotici e cadenzati. Una volta all'esterno ecco arrivare il tomden: dalla bisaccia tirò fuori un enorme coltello, e una volta affilato fece depositare il corpo sulla nuda terra, e, dopo aver alzato gli occhi al cielo e cinto le mani più e più volte, iniziò il suo rituale.
La lama fredda incideva le carni fredde, che a brandelli cadevano sulle fredde rocce: pezzo dopo pezzo il suo corpo venne spogliato un'altra volta, le sue interiora, le sue fibre, i suoi muscoli, tutto venne esposto al gelido vento mattutino. La giornata era splendida: non una nuvola, solo un sole alto e splendente, e da lassù la sua visuale era perfetta. Non aveva un minimo di rimorso nei confronti di ciò che stava accadendo, non provava dolore né sofferenza né orrore: aveva già visto scene simili, vi era abituato, e non lo smuovono.
Una volta terminato il lavoro il tomden si alzò: “Shey, shey” disse, alzando gli occhi al cielo e indirizzandoli verso gli avvoltoi che si erano intanto radunati sopra il corpo, volteggiando lenti richiamati dall'odore della carne e dal fuoco del ginepro, acceso poco prima. Fece qualche passo indietro, alzò entrambe le braccia come per abbracciare i volatili, i quali avevano iniziato la loro discesa verso il cadavere. Quando ormai tutti quanti furono sopra di esso non fu più possibile vedere niente, se non le loro spalle ricurve e i loro becchi che scendevano verso terra, lì rimanevano per qualche secondo, eppoi risalivano, trasportando qualche brandello rossastro. Dopo qualche minuto cominciarono a sciamare, e solo allora fu possibile vedere quanto era rimasto delle sue spoglie: solo le ossa, legnetti bianchi sparsi alla meglio sulla terra spoglia. Il tomden sorrise, alzò di nuovo gli occhi e congiunse le mani in segno di preghiera. Lo stesso fece lui, dalla cima dei cieli: guardò in basso con gratitudine verso quel santone, guardò gli avvoltoi, ormai lontani dalla carcassa, e li ringraziò. “Shey, shey” disse loro.
Poi chiuse gli occhi e si preparò: questa parentesi era durata sin troppo, era ormai tempo di prepararsi a rinascere, era tempo di iniziare nuovamente il grande ciclo della vita.
Gli spagnoli Apocynthion sono l'ennesima scoperta in casa Pest Productions. Possiamo tranquillamente inserire la proposta del quartetto nel tanto bistrattato post black metal, genere che deve la sua notorietà a ensemble come Alcest, Amesoeurs, Austere, Les Discrets, e tanti altri. Nello specifico quanto suonato dai nostri potrebbe essere definito “blackgaze”, uno shoegaze tinto dalle oscure accelerazioni del black e solcato dal gelido scream del cantante, che spesso si avvicenda con un pulito impostato che molto deve alla dark wave. Con “Sidereus Nuncius” i Nostri mirano a descrivere il fragile equilibrio che esiste tra l'uomo e l'universo che abita, tentano di trasportare l'ascoltatore verso mondi lontani, di strapparlo alla propria realtà mettendolo di fronte alla propria piccolezza, e ci riescono splendidamente grazie a sette pezzi di durata medio lunga carichi di pathos, atmosfera, candide digressioni strumentali e sanguigne partiture black.
Se amate i gruppi sopra citati e cercate un disco dalle grandi potenzialità e in grado di stupirvi più volte durante l'ascolto non potete non ascoltare questo lavoro, tra le sorprese di questo 2013.

Redshift

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http://www.debaser.it/recensionidb/ID_39204/Apocynthion_Sidereus_Nuncius.htm

mercoledì 24 aprile 2013

Gli odori e le musiche che ti rapiscono


Niente gli interessava di quello che gli stava accadendo intorno in quella sera di festa: non i fuochi d’artificio che tanto stupivano i villani, non i tanti odori che la gente, accaldata e addossata alle mura, emetteva inconsciamente ed in maniera per loro invisibile… Profumi questi che aveva già immagazzinato a suo tempo, che riconosceva ormai in maniera automatica e che lasciava passare senza ormai carpirne più l’essenza.
D’improvviso una folata di vento portò con sé qualcosa di nuovo, di inaspettato, che lo scosse da quel suo torpore apatico. La zecca si era ridestata, aveva fiutato un animale avvicinarsi e si stava preparando ad attaccarsi al suo pelo, per poi scavarne la pelle e rubare la sanguigna essenza. Un profumo mai sentito prima, una combinazione delle più rare essenze che aveva assaporato nella sua breve vita, lo trascinò via dall’ombra agganciandolo per le narici e trasportandolo giù per vicoli bui, tra ubriachi, prostitute, sporcizia e miasmi pestilenziali, e lo ritirò su in superficie, verso una strada spaziosa e deserta. Lì riaprì gli occhi, che fino a quel momento erano stati chiusi così da consentire al naso di lavorare al meglio, e vide una fioca luce rischiarare una finestra di una catapecchia affossata tra scuri palazzi. Silenzioso, impercettibile come la natura lo aveva creato, si avvicinò alla finestra, girò intorno all’abitazione, trovò una porta aperta e vi entrò.
Davanti a sé aveva una ragazza, una bellissima creatura poco meno che quindicenne, rossa nei capelli e nelle lentiggini che punteggiavano un viso dal colorito latteo, una povera mercante che stava espletando le sue mansioni giornaliere, la pulitura di alcune mele. Si avvicinò alle spalle della fanciulla, che non lo percepì arrivare: nessuno mai lo sentiva arrivare, non per l’odore, che non aveva, non per il suono dei passi che non emetteva, le persone se lo trovavano d’improvviso accanto e trasalivano, e in generale non si sentivano a suo agio con lui. Era quasi come avere accanto la nera morte, che ti scruta fredda e non proferisce parola.
Era ormai in piedi sopra la ragazza, iniziò ad annusarla, ad inspirare la fragranza fino ad allora sconosciuta, e gli si aprì un monto intero. Quando lui inspirò per l’ennesima volta il suo odore la giovane trasalì, scossa da una folata gelida che l’attraversò dalla testa ai piedi, e si voltò di scatto.
“Quando lo vide ,s’irrigidì a tal punto per lo spavento da dargli tutto il tempo di metterle le mani attorno al collo. Lei non tentò neppure di gridare,restò immobile,non fece un movimento di difesa. Da parte sua lui non la guardò. Non vide il suo bel viso cosparso di lentiggini,la bocca rossa,i grandi occhi verdi brillanti,poiché teneva i propri occhi ben chiusi mentre la strozzava,e la sua sola preoccupazione era quella di non perdere neppure la minima parte dell’odore di lei. Quando l’ebbe uccisa,la depose a terra tra i noccioli delle mirabelle,le strappò il vestito e il flusso di profumo divenne una marea,che lo sommerse con la sua fragranza.
Affondò il viso nella sua pelle e passò le sue narici dilatate dal ventre al petto,al collo al suo viso e tra i capelli e di nuovo sul ventre,poi giù fino al suo sesso,sulle sue cosce,sulle sue gambe bianche,S’imbevve di lei dalla testa ai piedi,raccolse gli ultimi resti del suo odore sul mento,nell’ombelico e tra le pieghe dell’incavo del gomito. Quando l’ebbe annusata fino allo sfinimento,restò accovacciato accanto a lei ancora un momento per riprendersi,perché era stracolmo di lei. Non voleva sprecare nulla del suo odore. Prima doveva bloccare i suoi compartimenti interni. Poi si alzò e spense con un soffio la candela.”
Sapeva di aver commesso un delitto? Forse no, e non gli importava. Per come la concepiva lui la vita era adesso improntata alla ricerca di quella stessa sensazione che aveva vissuto così intensamente, non voleva altro. Per la prima volta aveva uno scopo, e avrebbe (soprav)vissuto i restanti anni della sua esistenza proiettato solo in quella direzione. Come una droga il profumo si era impossessato di lui, e lo avrebbe guidato per sempre.
Come una sciamanica frenesia che scaturisce da una calma meditativa e si riversa in tutta la sua furia sugli adepti al rito, per poi esplodere e svanire nell’aria, la musica contenuta nel debutto dei cascadiani Sadhaka è in grado di impossessarsi dell’ascoltatore semplicemente crescendo dentro di lui. I ritmi sono inizialmente pacati ed ipnotici, le melodie, distintamente percepibili anche nel caos rabbioso ma controllato che agita il cuore delle quattro tracce di questo “Terma”, sono un filo rosso che guida attraverso un lungo viaggio sonoro che si vorrebbe non avesse mai fine. Giunti al termine dell’ultima canzone, assetati e desiderosi di volerne ancora di più, si è infatti quasi costretti a premere nuovamente il tasto “play” e a immergersi nuovamente nelle atmosfere brumose e boschive sapientemente create dal gruppo.
I Sadhaka sono una nuova scoperta della sempre interessantissima etichetta Pest Productions, ma non sono dei novizi in campo musicale: tra di essi figurano anche parte dei Fauna, le cui sonorità magiche e rituali riecheggiano spesso tra i solchi dei pezzi. Possiamo definire “Terma” come un ottimo punto d’incontro tra lo sciamanesimo dei Fauna, la rabbia dei Wolves in the Throne Room che spesso sfocia nella furia cieca degli Addaura, ed il senso della melodia e dell’atmosfera tipico degli Alda o degli Skagos.
In questo 2013 iniziato da non molto sono senza dubbio tra le sorprese più gradite in ambito (Cascadian) Black Metal: un ascolto è più che mai consigliato, e anche se credete di aver raggiunto i picchi del genere in questione con un “Two Hunters”, piuttosto che con un “Ast”, un “:Tahoma” o qualsiasi altro disco delle grandi band che popolano il sottobosco musicale cascadiano (senza andare a scomodare gli Agalloch) dedicate comunque del tempo ai Sadhaka, e rimarrete piacevolmente inebriati dalla loro essenza.

Padmasambhava

http://www.debaser.it/recensionidb/ID_39167/Sadhaka_Terma.htm

mercoledì 17 aprile 2013

Così, a caso


"My dreams are a cruel joke. They taunt me. Even in my dreams, I'm an idiot who knows he's about to wake up to reality. If I could only avoid sleep. But I can't. I try to tell myself what to dream. I try to dream that I am flying. Something free. It never works..."

Nei miei sogni spesso fa freddo, e ci sono persone le cui facce mi sfuggono, la cui voce però mi è ben nota e chiara. I visi sono sfumati, ne riconosco giusto i contorni, che tanto mi erano cari un tempo.
I miei sogni non sono controllabili, ma si palesano quando forse ne ho più bisogno, una sorta di memento per cose mai fatte o ancora da fare, mi indicano vie che spesso risultano, nella realtà, impraticabili per il mio cuore.
Nei miei sogni le persone vengono da lontano, sono distanti nel tempo e nello spazio, si fanno vive dopo anni di silenzio e lì ritornano, dopo avermi dato un pizzicotto e avermi ricordato che sì, ci sono ancora, e sì, continueranno ad esserci finché qualcosa non si sbloccherà.
I miei sogni seguono l'infinito, si intrecciano con altre ricorrenze ed altre simbologie, mi investono con la loro carica di brumosi ricordi eppoi mi abbandonano, inetto ed inadatto a capirli.
E quello che mi lasciano è una pagina sulla quale annotare il trascorrere del tempo e della mia vita.

And I hate myself for the love I can't show
And I convinced myself
That I will never deserve

The Elijah - I Hated

martedì 2 aprile 2013

Dream on...



Questi sogni mi uccideranno, ne sono certo. Vado a letto tranquillo, sfinito da una lunga giornata lavorativa, ma come chiudo gli occhi seguendo, per l'ultima volta, i fari delle macchine che si riflettono sulle persiane socchiuse, ecco che inizio a vivere una seconda viva, impalpabile, brevissima, eppure apparentemente eterna e tangibile.
C'è un angelo nero che entra dalla porta socchiusa, una tunica nera avvolge una sagoma dalle fattezze indefinibili, della quale intravedo solo gli occhi, lucenti e abbaglianti, e ne sono incredibilmente attratto...
Dream on...
C'è l'amore della mia vita di fronte a me, in mezzo a tanta gente che si muove a scatti, dalle facce sfumate, mi guarda con sguardo gelido, poi si volta, abbraccia un passante, gli passa le mani tra i capelli, fa quasi finta che io non ci sia, e io voglio solo andarmene da lì, smettere di soffrire, respirare...
Dream on...
C'è un fiore nero che sboccia, bagnato dalle mie lacrime, che scivolano lucide sui suoi petali, ed evaporano una volta toccata terra, lacrime in un incendio, e il fiore si carbonizza, eroso dalle sue radici, e dalle sue ceneri rinasce, si nutre delle mie lacrime, muore e rinasce...
Dream on...
La stanza ruota su se stessa, fisso il soffitto e le luci dei fari sembrano creare delle spirali che scendono e mi avvolgono. Sono convinto di essere ben saldo nel mio letto, afferro i cuscino e vi immergo più volte il viso, sudato e stravolto da una nausea improvvisa, ma il cuscino è duro, e più ci affondo la testa e più il mal di testa aumenta, salvo poi accorgermi di essere in piedi e di star sbattendo la testa contro il muro, e il sudore altro non è che sangue dalla mia fronte ferita. Poi svengo...
Dream on...
E' poi c'è un attimo di pace, di calore e di luce in mezzo a tutto questo buio e freddo... Che tutto sia finito, che stia sorgendo il sole?
Dream on...
Seduto ad una scrivania, una candela accesa, mi chiedo: l'amore rende la vita sopportabile o la rende possibile? Una vita vive senza amore? Si vive davvero solo se perché si ama? Ho solo bisogno di un po' di amore per smettere di pensare, e la candela si spegne da sola...
Dream on...
Ho un nuovo vicino, lo vedo dalla finestra, lo sento urlare ogni notte, aggredire una donna che credo abita con lui, lo sento scagliare contro le pareti di casa sua piatti, bicchieri, e mettere a soqquadro l'abitazione. Penso che un animale del genere non dovrebbe esistere, e che un giorno o l'altro aprirò quella finestra e gli dirò qualcosa. Poi mi sveglio la mattina, la casa devastata, tutto è a pezzi: stupefatto e sconcertato dal non aver udito alcun rumore, sebbene tutto fosse accaduto a qualche metro dal mio letto, mi giro alla disperata ricerca di un indizio, mi cade l'occhio sulla finestra e vedo che il mio vicino mi sta osservando beffardo. Mi avvicino sopraffatto dalla rabbia, fo per aprire la finestra ma non c'è maniglia, e il vetro non è trasparente, ma riflette solo quello che vede, è uno specchio e il mio vicino in realtà è più simile a me di quanto potessi immaginare...
Dream on...
Un caldo abbraccio rischiara questo buio che sembra non aver mai fine, e delle calde labbra, vicine al mio orecchio, sussurrano che c'è solo l'amore, e che tutto è amore: eppure non sembro esserne convinto.
Dream on...
C'è freddo in macchina, mentre sfrecciamo lentamente in una strada stranamente trafficata nonostante la tarda ora. Galleggiamo come sospesi in un nero mare scuro, e i lampioni sono come boe lucenti che ci sfiorano. C'è freddo tra noi due, sfioro la sua mano ma non sento risposta, le sue vene non mi trasmettono calore, ed è come se una coltre di incomunicabilità fosse scesa tra noi due. Come abbiamo fatto a perderci in questa notte senza fine?
Dream on...
Disteso sul letto, occhi sbarrati, fisso il soffitto. I fari delle macchine hanno smesso di tracciare intangibili solchi sul muro, e fuori tutto tace; guardo la sveglia, deve essere andata via la luce da un po' di tempo, il display sta lampeggiando e sopra i numeri mi pare di leggere la scritta “sleep”. In cucina mi sembra di intravedere una luce, mi alzo per andare a vedere di cosa si tratta: la tv è accesa, e sta trasmettendo qualcosa in bianco e nero. C'è una sagoma nera, bellissima, con occhi e bocca lucenti, che sta danzando una nenia ipnotica, che mi immobilizza di fronte al freddo schermo. Poi succede qualcosa, un brivido cresce e sale lungo la mia spina, la casa inizia a tremare, sulle pareti rivedo quanto sognato fino a quel momento, il pavimento si riempie di nere orchidee, le luci iniziano a tremolare, volti ghignanti sembrano affacciarsi alle finestre, persone intorno a me dall'aspetto indefinito stanno sbattendo la loro testa contro i muri, e il freddo continua a salire finché le luci, vibrando sempre di più, non si spengono del tutto.
Mi scuoto, madido di sudore: è mattino, il rumore di un cucchiaino sbatte dolcemente contro i bordi di una tazza, e un dolce odore di pane tostato invade la camera. Con gli occhi ancora offuscati dal sonno vedo una sagoma avvicinarsi, sento dei riccioli sfiorarmi il volto e delle calde labbra posarsi sulle mie. E' mattino, per fortuna, ma prima o poi, ne sono certo, questi sogni mi uccideranno.
Dream on...