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sabato 18 aprile 2020
Fuoco inglese
“La sinestesia (dal gr. sýn «con, assieme» e aisthánomai «percepisco, comprendo»; quindi «percepisco assieme») è un procedimento retorico, per lo più con effetto metaforico, che consiste nell’associare in un’unica immagine due parole o due segmenti discorsivi riferiti a sfere sensoriali diverse”. Ma è anche “un fenomeno sensoriale/percettivo, che indica una "contaminazione" dei sensi nella percezione. Il fenomeno neurologico della sinestesia si realizza quando stimolazioni provenienti da una via sensoriale o cognitiva inducono a delle esperienze, automatiche e involontarie, in un secondo percorso sensoriale o cognitivo.”
C’è un disco, undici canzoni, un “mood” diverso per ognuna di esse ma con alla base una storia che le lega, un filo conduttore. E ci sono le emozioni dell’ascoltatore, i suoi ricordi, le immagini che affiorano una volta che questi chiude gli occhi e si lascia annegare nella musica. Ci sono i sapori, gli odori, le sensazioni che riprendono vita con una forza forse superiore a quella che avevano quando sono state assaporate per la prima volta.
Questi undici pezzi si portano dentro l’odore della campagna inglese dopo che è piovuto, un odore che mai avresti pensato di ritrovare nel giardino di casa tua, soprattutto se vivi in uno stato che non è il Regno Unito… Eppure la valle che si affaccia al di là della tua recinzione, la terra appena seminata, i fiori appena piantati, tutto odora come quei campi aperti verso il nulla che ti abbracciavano una volta uscito dal paesino inglese.
Altro odore, quello di legno bruciato. Qui fuori proprio in questo momento un contadino sta bruciando alcune sterpaglie, foglie morte e rami secchi, ma con gli occhi chiusi e la giusta musica in sottofondo sei di nuovo nei Cotswolds, stai vagabondando all’imbrunire per i vialetti acciottolati che serpeggiano tra case all’interno delle quali i caminetti si stanno accendendo, e i comignoli stanno spargendo nell’aria il rinfrancante odore della legna che arde.
La nebbia del mattino, mentre sei fuori ancora assonnato a spasso con il cane, e le campane della chiesa in lontananza, ti ricordano di quando la mattina ti svegliavi, guardavi fuori e vedevi le campagne intorno a te ancora ammantate da quella sottilissima nebbiolina, eterea e quasi ultraterrena. Aperta la finestra un sottile strato di quella nebbia si posava sulla tua mano, e il suo freddo ed umido tocco ti investiva di un’energia vitale positiva e frizzante. Il campanile del villaggio batteva le otto, e allo stesso tempo al tuo naso giungevano i tipici rinfrancanti odori dell’english breakfast cucinata dalla padrona di casa, una signora tanto dolce che poteva essere una tua zia.
E così via, tra un ricordo e l’altro, tra un profumo ed una sensazione, si arriva alla fine di questo disco, e sembra di aver davvero viaggiato.
“Fire in the White Stone”è la terza fatica dopo un full ed un EP per Dan Capp e per la sua creatura solista Wolcensmen: il Nostro è anche chitarrista dei Winterfylleth, band con la quale, è utile confermarlo, continuano ad esserci collegamenti soprattutto se prendiamo in esame il disco acustico “The Hallowing of Heirdom”. Le soluzioni scelte da Dan sono le stesse dei precedenti episodi, quindi chitarre arpeggiate, fiati, percussioni, strumenti a corda come violoncello o kantele, synth e cori, per un genere a grandi linee ascrivibile ai filoni neofolk ed ambient. Stavolta Wolcensmen ha creato una cornice che riunisse i vari pezzi, un racconto breve che narra le vicissitudini di un giovane che decide di abbandonare le comodità della sua vita per intraprendere un avventuroso e fiabesco viaggio di formazione che lo porterà ad incontrare creature di stampo quasi tolkeniano o appartenenti al folklore britannico, tutto parte dell’immaginario caro al Nostro Dan. Il senso è quello di essere trasportati in un’epoca senza tempo, favolistica e medievaleggiante, un mondo perfettamente tratteggiato da Wolcensmen con una sua genesi compiuta e assolutamente coerente. Rimangono dunque i tratti distintivi della poetica di Capp, quel dolce e fiero amore per la sua Terra e le sue radici, ma stavolta si arricchiscono di elementi favolistici e romanzati, in grado di dare maggiore forza e credibilità ad un disco che già di per sé era già musicalmente solido e coinvolgente
“Fire in the White Stone” è un disco assolutamente consigliato per gli amanti di sonorità folk e ambient. Forse è meno di impatto dell’ancora insuperato “Songs from the Fyrgen”, probabilmente perché necessita di più ascolti per essere compreso appieno: è quindi meglio se l’ascolto è accompagnato dai testi riportanti la storia alla base del concept. Si tratta ad ogni modo di una conferma per Wolcensmen, una prova di maturità per l’artista ed un viaggio nelle emozioni e nei ricordi di chiunque decida di mettersi all’ascolto di questo disco.
Lorn and Loath
https://www.debaser.it/wolcensmen/fire-in-the-white-stone/recensione
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