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venerdì 6 ottobre 2017

Anelli



Anelli.
Colin si toglie la maglietta, di un bianco accecante. La sua pelle è coperta di tatuaggi, simboli alchemici, frasi dal senso apparentemente sconnesso: si volta per appoggiarla a terra, mostrando così l'enorme croce ribaltata che campeggia sulla sua schiena, dalle spalle fino al bacino, nera come gli inni che di lì a poco avrebbe levato al cielo.
Ha delle cicatrici lungo le braccia, ci sono dei piccoli fori tra le sue costole.
Si volta nuovamente, occhi chiusi e braccia allargate: uomini incappucciati gli scivolano alle spalle, quasi come generati dalla sua ombra, trascinando corde, anelli e ganci. Uno dopo l'altro fanno passare gli anelli nei fori presenti sulle braccia e sulla schiena: ad ogni anello corrisponde un gancio, ad ogni gancio è fissata una corda, e ogni corda è portata in alto, sopra la sua testa, legate a delle carrucole che finora erano rimaste nascoste, avvolte dal buio.
Colin non ha ancora aperto gli occhi, la musica che sente nella sua testa è maestosa e trascinante, lo stato di trance che lo pervade non gli fa sentire altro che quelle note. Non ha sentito il freddo metallo degli anelli trapassare le sue carni, ma sa che a ognuno di essi corrisponde un ricordo, un'emozione, una sfida verso se stesso o gli altri. Uno è collegato con il cuore, uno con la mente, uno con il respiro, uno con il sangue, uno con gli occhi, uno con in sogni, uno con gli incubi. C'è un anello per la rabbia, uno per la sconfitta, uno per l'amore e uno per la perdita. L'anello del cuore è perfettamente circolare, non presenta rotture come gli altri, non si sa come sia stato agganciato: circolare, senza interruzioni, come la vita e la morte in eterno girotondo.
L'intensità della musica cresce, le corde si tendono, i suoi piedi si staccano pian piano da terra, la sua crocifissione sta prendendo forma. Non è metafora religiosa, è quanto di più terreno e materico possa esistere: in quel corpo che piano piano viene issato verso l'alto convergono tutte le paure, i timori e le sofferenze di ognuno di noi. Eccolo lassù in alto Colin, all'apice della sua salita e della sua musica, sovrano incontrastato dalla corona di spine di cashiana memoria, che veglia sul suo "solitary reign" decadente e sanguinante.
Chi è appassionato di sonorità post metal (per semplificare le cose, ma potrei anche parlare di hardcore, doom, crust, sludge...) conoscerà sicuramente gli Amenra. Il combo, proveniente dalle Fiandre, si è fatto notare nel corso degli anni per una serie di lavori (EP, LP, split, live performances) dall'indubbio valore, nei quali la forma musicale dei Nostri si è plasmata pian piano. Successore del binomio "Mass IIII" e "Mass V" (per me quasi un unico lavoro), questo "Mass VI" si caratterizza sin da subito come, con ogni probabilità, il loro lavoro meglio riuscito. Nelle sei tracce che compongono il disco c'è un perfetto bilanciamento tra dolore, sofferenza, pazzia e malinconia, che musicalmente parlando si traducono in scream furiosi e dolenti, clean caldo e avvolgente, chitarre corpose e robuste e una sessione ritmica che sorregge il tutto con influenze, a mio avviso, mutuate dal mondo post rock e wave. Forse un po' troppo corto (o magari sono io che lo percepisco così, visto il coinvolgimento emotivo che ogni volta mi provoca), "Mass VI" non commette passi falsi ma avanza, dolente, sbaragliando le difese del nostro cuore con pezzi da novanta come "Solitary Reign", tra i più belli mai scritti dagli Amenra.
Si tratta di un passo avanti rispetto alla precedente discografia, c'è evoluzione nascosta in queste tracce, e per quanto mi riguarda si tratta sicuramente di uno dei top album del 2017.

Children of the Eye

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