Smise di pensare alla vita nel momento stesso in cui accettò di buon grado l’idea della morte.
In piedi, sulla cima del pendio, la sua faccia tagliata da gelide sferzate di vento, aveva un’espressione calma, decisa sul da farsi: senza rimpianti, senza remore, senza desideri particolari se non quello di fare un passo e di lanciarsi nel nulla, per abbracciare le impetuose acque della cascata che scrosciava qualche metro vicino a lui. Si sentiva destinato a qualcosa di diverso, a un fine diverso dalla vita che stava vivendo, si sentiva pronto per un passo successivo, per qualcosa che aveva sempre percepito come scritto per lui ma del quale non aveva ancora trovato il nome.
Fece un passo dunque, e per un attimo si sentì quasi bloccato a mezz’aria: in quell’attimo un raggio di sole oltrepassò le fronde delle conifere secolari di quello che aveva individuato essere come il luogo della sua consacrazione nella natura… Questo raggio lo inondò, intorpidì i suoi occhi e sostituì alla sua vista una luce splendente e talmente bella da essere insopportabile. Non sentì il bisogno di riaprire gli occhi però: il mondo era lì, di fronte a lui, lo vedeva con la mente, lo percepiva con i sensi di mille creature viventi che, in quel momento, stavano osservando silenziose il suo gesto. Sentì un formicolio agli arti, cominciava a non sentirli più, o meglio, percepiva che si stavano come sgretolando, che stavano smaterializzandosi in miliardi di gocce d’acqua che, raggruppate, cadevano giù verso il bacino della cascata. Si accorse che i suoi capelli erano di colpo cresciuti tantissimo, ed avevano assunto una forma e una consistenza assimilabile al muschio e alla fresca erba del sottobosco mattutino… I suoi occhi, come detto, vedevano ora il quel luogo nel suo insieme, i suoi sensi erano i sensi dei lupi, delle volpi, degli uccelli, dei pesci, e di ogni altro animale che respirava e viveva nel raggio di cento chilometri… La sua pelle era ruvida come aghi di pino, il suo respiro fuoriusciva dal suo corpo, ormai quasi del tutto scomparso, con la consistenza della nebbia che alla mattina e alla sera sega in due gli alberi nella radura.
Non sentì l’impatto con i turbini della cascata, ormai lui stesso era diventato cascata, e non fratturò le sue ossa contro il fondale roccioso, perché lui era roccia e sassi, e i suoi arti e la sua pelle non furono straziati dagli animali del fiume e della riva, perché lui era gli animali ormai. Fu così che la sua vita prese un senso, che sentì finalmente di essere a casa, e poté esplodere nella sua rabbiosa gioia nel modo più primitivo che conosceva, festeggiando la vittoria della vita che si era manifestata attraverso la morte.
La scena “cascadiana” ormai è da ritenersi un sottogenere propriamente detto del black metal: non ci sono più motivi per prestare i gruppi che ne fanno parte ora al folk, ora al black, ora al post black metal, hanno ormai una propria identità, figlia della forza di un movimento (non solo musicale) ben radicato negli spazi naturali dai quali trae la forza e nei quali vive. Degni alfieri e rappresentanti di questo genere musicale sono senz’altro i Fauna, che con i loro due precedenti LP sono sempre andati molto vicini a fare il botto e a ricevere una meritata consacrazione che finalmente hanno potuto ottenere con il loro ultimo “Avifauna”, anche grazie al prezioso operato della Pesanta Urfolk, etichetta sempre molto attenta a questi generi di gruppi. La nuova release del duo cascadiano è composta da cinque pezzi, due dei quali intermezzi e ipotetiche intro per i brani a seguire, i quali, va detto, sono caratterizzati da una notevole durata (dai 17 ai quasi 30 minuti di lunghezza). Se devo essere sincero la cosa mi aveva un po’ spaventato, almeno all’inizio: non sono nuovo a lunghe suite di questo genere musicale, ma trenta minuti mi sembravano davvero un’esagerazione, eppure mi sono dovuto ricredere. Il minutaggio estremamente esteso pensato per questi pezzi permette loro di dispiegarsi in tutto il loro crescendo emotivo, partendo magari da una semplice base acustica, o da un cinguettio di uccelli, per poi crescere di intensità con ritmiche che rievocano rituali sciamanici o paesaggi notturni caratterizzati da una natura imperante. Tutto dunque funziona a dovere in questo “Avifauna”, i brani non stancano ma coinvolgono l’ascoltatore e lo decontestualizzano, trasportandolo in mondi di cui le canzoni sostituiscono il paesaggio, che viene animato e popolato secondo la propria sensibilità.
Un po’ Wolves In The Throne Room, un po’ Alda e Skagos, i Fauna hanno, come detto, centrato il bersaglio con il loro nuovo lavoro, regalando agli estimatori del Cascadian Black Metal l’ennesimo lavoro imprescindibile per la loro personale collezione.
"I am floating home on the blood of the wind,
The warning of ages burns within me.
As owl flies, winding by,Our labyrinthine minds entwine."
The warning of ages burns within me.
As owl flies, winding by,Our labyrinthine minds entwine."
Soaring Into Earth
http://www.debaser.it/recensionidb/ID_38914/Fauna_Avifauna.htm