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martedì 14 maggio 2013
Ginny e Neve
Stamattina, prima di iniziare a lavorare, ho aperto una pagina web di un sito che visito spesso, e uno sguardo, a me stranamente familiare, ha attratto la mia attenzione: due occhioni chiusi, un musone schiacciato a terra, un’immagine che avevo ben presente, mi ha quasi chiamato a sé.
Via via che discorrevo lo scritto i miei occhi si sono lentamente riempiti di lacrime: non ho pianto solo perché ero a lavoro, ma dentro di me, leggendo quelle righe, una serie di immagini prendevano vita e attraversavano i miei occhi come se le avessi davanti in quel momento. Qualcuno alla fine dell’articolo commentava: “il cane, forse più di tutti gli altri animali domestici, tende ad assorbire molto del padrone, fino ad arrivare quasi ad assomigliargli, a esserne una sorta di estensione. Così poi quando muoiono si prova una sensazione strana. Quando successe a me provai dolore certo, ma non come quello della perdita di un famigliare e nemmeno un amico, era come se non avessi più una mano, un piede, un braccio, qualcosa di simile. Se ne vanno e si portano via per sempre una parte di te, spesso la migliore.”
Questa persona ha tradotto perfettamente ciò che ho sempre creduto anche io: i cani non sono animali domestici, non sono parte della famiglia, ma sono parte di te, sono una proiezione di parte del tuo carattere, vibrano al vibrare della tua anima e rispondono di conseguenza… Si plasmano in relazione al padrone, accogliendone e facendo propri pregi e difetti del carattere: penso alla mia cucciola, che come me è ombrosa, selettiva nelle conoscenze, maniacale nell’ordine delle sue cose e nella casa (mai i giocattolini fuori posto, e non ti azzardare a lasciare qualcosa che non vuole sul tavolo di casa…)… Penso alla mia cucciolona, che non abita con me da ormai qualche anno ma è rimasta a casa dei miei, ma che per me è come una sorellona, una “cavallona” che ho sempre adorato abbracciare, stringere a me, con la quale ho sempre fatto la lotta nel bosco e che, quando ero malato e con la febbre, mi si piazzava (spesso) sopra, con le zampe distese e il muso appoggiato al petto, e lì restava a lungo, alzandosi e allontanandosi solo per qualche minuto. Adesso Neve è anziana, ha 12 anni, nell’animo sarebbe ancora cucciola, ma il fisico, ahimè, sta cedendo. Ogni tanto provo a pensare a cosa succederà quando non ci sarà più, a come se ne andrà, ma la mia mente si blocca, e le lacrime spingono sulle palpebre: non è giusto pensarci adesso.
Ginny, di quasi tre anni, e Neve, così come Charlie e Stella prima di loro, hanno dato e stanno dando tanto alla mia vita, chiedono poco o niente in cambio, solo affetto e carezze: sono fiero dei miei due cani.
Grazie Ginny, grazie Neve, e grazie autore di questo articolo che mi hai fatto pensare a questa cosa.
A Three-Legged Workhorse
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