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lunedì 21 novembre 2016
Antichi orrori per Cappuccetto Rosso Sangue
"È un paese del nord: freddo il clima, freddi anche i cuori.
Freddo, tormenta; bestie feroci nella foresta. La vita è grama. Le case sono di legno, buie e fumose all'interno. Ci potete trovare l'immagine rozza della Madonna dietro una candela sgocciolante, la zampa di porco appesa a stagionare, una ghirlanda di funghi essiccati. Un letto, un tavolo, uno sgabello. Sono vite difficili, misere, brevi.
Per questa gente che vive nei boschi del nord, il Diavolo è cosa reale, non meno di voi, o di me. Anzi di più; perché noi non ci hanno mai visti e nemmeno sanno che esistiamo, ma il Diavolo lo vedono spesso nei cimiteri, quelle inquietanti e sinistre città dei morti, dove ogni tomba è segnata dal ritratto naif del defunto e non c'è un fiore da metterci innanzi, perché lassù non crescono fiori, e così la gente fa piccole offerte votive, pagnottelle, a volte una focaccina dolce, che presto gli orsi pesanti di sonno vengono a rubare lasciando i margini della foresta. A mezzanotte, specialmente la notte di Santa Valpurga, il Diavolo invita le streghe ai suoi picnic fra le tombe; e allora dissotterrano cadaveri freschi e se li mangiano. Chiunque ve lo potrà confermare.
Collane di aglio sopra le porte tengono lontani i vampiri. Se un bambino dagli occhi azzurri nasce di piedi la notte di San Giovanni, si dice che diventerà un veggente. Se scoprono una strega - qualche vecchia che riesce a far maturare il formaggio quando i vicini non riescono, oppure il cui gatto nero -orrore!- le sta sempre appresso, allora spogliano la megera e vanno in cerca dei segni, quel terzo capezzolo al quale si attacca a succhiare il Demonio. Lo trovano sempre. E allora la uccidono lapidandola.
Inverno e freddo pungente.
Va' dalla nonna che è stata malata. Portale le focaccine d'avena che ho preparato per lei sulla pietra del camino, e la terrina di burro. La brava bambina fa come le dice la mamma - sono cinque miglia di faticoso cammino nella foresta; non abbandonare mai il sentiero, ci sono gli orsi, i cinghiali, i lupi affamati. Ecco, prendi il coltello da caccia del tuo papà: sai già come usarlo.
La bambina aveva una giubba di pelle di pecora per ripararsi dal freddo, conosceva la foresta troppo bene per averne paura, ma sapeva che doveva stare all'erta. Quando udì l'ululato agghiacciante del lupo, lasciò cadere i suoi doni, afferrò il coltello e si lanciò sulla bestia. Era enorme, con gli occhi rossi e le grigie fauci grondanti; solo la figlia di un montanaro poteva guardarla senza morire di terrore. La bestia tentò di azzannarla alla gola, come fanno i lupi, ma la bambina la accolse con un ampio colpo di lama e le mozzò la zampa destra anteriore.
La belva emise un lamento, quasi un singhiozzo, quando si rese conto di ciò che le era successo: i lupi non sono poi così coraggiosi come si pensa. Si allontanò tra gli alberi zoppicando come meglio poteva sulle tre zampe rimaste, lasciandosi indietro una traccia di sangue. La bambina pulì bene la lama del coltello sul grembiulino, ravvolse la zampa del lupo nel panno che la sua mamma aveva usato per le focaccine d'avena e proseguì verso la casa della nonna. Di lì a poco prese a nevicare talmente fitto da cancellare il sentiero e insieme a esso ogni impronta, pista o altro segno.
Trovò la nonna così malata che si era messa nel letto ed era sprofondata in un sonno inquieto, e gemeva e tremava e la nipotina capì che aveva la febbre. Le sentì la fronte con una mano: scottava. Scosse il panno dal cestino: voleva usarlo per preparare alla nonna una compressa gelata, e la zampa del lupo cadde a terra.
Ma non era più una zampa di lupo . Era una mano mozzata all'altezza del polso, una mano indurita dal lavoro e macchiata dagli anni. C'era una fede nuziale all'anulare e un porro sul dito indice. Da quest'ultimo riconobbe la mano della nonna.
Tirò indietro il lenzuolo e la donna si svegliò e subito prese a dimenarsi e a strillare come un'indemoniata. Ma la bambina era forte, e armata del coltello da caccia del padre, riuscì a tenere ferma la nonna quanto bastò per individuare la causa della febbre. Al posto della mano destra, restava un moncherino insanguinato e già marcescente.
La bambina si fece il segno della croce e gridò tanto forte che i vicini la udirono e si precipitarono a soccorrerla. Riconobbero immediatamente nel porro un capezzolo di strega; la vecchia, così come era, in camicia da notte, fu spinta fuori nella neve; a colpi di bastone condussero la sua carcassa cascante fino ai margini della foresta, e qui la presero a sassate fino a lasciarla a terra senza vita.
Dopo di allora, la piccola visse felice e contenta in casa della sua nonna."
Il processo iniziato nel precedente lavoro del 2014 dagli inglesi Esben and the Witch (EATW da ora in poi), grazie al quale avevano cambiato pelle rispetto agli esordi per mettere in luce una nuova natura ("A New Nature"), continua con questo nuovo album, anche se dal titolo pare riallacciarsi più all'antico, all'ancestrale, al mistico, "Older Terrors".
Parliamo di un trio di Brighton, fautore di una miscela musicale strana e straniante, in cui si mischiano dream pop, post punk e gothic vecchia maniera, post rock, ritualismo e cantautorato, per dare alle stampe quattro lunghe tracce che, tutte assieme, costruiscono un viaggio negli incubi. Si parla per loro di nightmare pop, e questa definizione calza a pennello. E' come se ci trasportassero nelle fiabe che ci raccontavano da piccoli, solo che il finale non è mai bello come ce lo ricordiamo, le foreste sono sempre oscure e umide, popolate da spettri, streghe e mostri, e la luce difficilmente vince. La voce di Rachel ci guida con mano tremante attraverso questi boschi, è una mano fredda, che ogni tanto ci scivola, scompare, e allora corriamo per raggiungerla nuovamente, per non perdere questo unico appiglio senza il quale saremmo smarriti come bambini abbandonati.
Gli EATW creano un mondo magico e tenebroso, ma al tempo stesso accogliente: queste quattro tracce hanno un incedere lento, hanno bisogno di crescere e maturare in intensità per sprigionare tutto il loro potenziale, ma l'attesa ipnotica e snervante sarà ripagata da un album dalla grande potenza evocativa.
Testo tratto da Angela Carter, "The Bloody Chamber and Other Stories"
The Reverist
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https://www.debaser.it/esben-and-the-witch/older-terrors/recensione
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Wow, immaginario mozzafiato!
RispondiEliminaHai proprio colto nel segno sia il senso dell'album che del racconto. Complimenti.
-Teo
Ahahah grazie carissimo!
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