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venerdì 9 maggio 2014

Sulla musica sofferente e sul pathos

 

immagine "rubata" ai Clouds Collide


Certa musica soffre.
Alcuni dischi lo senti che patiscono, lo senti nella voce del cantante, straziata e straziante, graffiata e graffiante (è la prima cosa che salta all'orecchio di un ascoltatore non avvezzo a certe sonorità), ma se questa musica è il tuo pane quotidiano, se ne ascolti a palate tutti giorni, riesci tranquillamente ad andare oltre alla voce disperata, e lì cominci a fare diversificazioni, e a capire cosa colpisce davvero il cuore e cosa invece si ferma alla pelle, e quindi cosa rimarrà indelebile (o comunque per un po' di tempo) e cosa invece sarà cancellato dall'ascolto successivo.
E' bello allora rendersi conto che certi dischi catalogati come depressive, strappalacrime e strappamutande, che possono causare tendenze suicide ecc, alla fine ti mettono quasi di buon umore, li ascolti con disinvoltura e senza neanche attenzione; così come è bello, ascolto dopo ascolto, rendersi conto che un disco apparentemente semplice si rivela di una complessità inaspettata, e che anche se apparentemente dotato di melodie (che parola da usare nel black metal!) ariose e cristalline sa veicolare una malinconia piacevole che non ti aspettavi affatto di trovarci.

"Pathos [πάθος, pathos] (dal greco πάσχειν "paschein", letteralmente "soffrire" o "emozionarsi") è una delle due forze che regolano l'animo umano secondo il pensiero greco. Esso si oppone al Logos, che è la parte razionale. Il Pathos infatti corrisponde alla parte irrazionale dell'animo.
Per gli antichi greci questa "forza emotiva" era strettamente collegata alle realtà dionisiache o comunque dei riti misterici. Per questo il Pathos indicava tutti gli istinti irrazionali che legano l'uomo alla sua natura animale e gli impediscono di innalzarsi al livello divino.
Nell'Italiano moderno può assumere il significato di carica emotiva e di commozione derivati dalle rappresentazioni teatrali e delle arti figurative in genere, il sentimento insito in un'opera. In epica, quando si parla di pathos, si intendono quelle sequenze della vicenda più cariche di emozioni, come quando si descrive qualcosa di triste, una sofferenza."

E' proprio questa la condizione che si crea in questi momenti, e fa così strano alla gente che sia un genere (apparentemente) intransigente come il black metal a crearla... Perché non sanno che non si tratta di black metal soltanto, ma di un figlio bastardo di unioni ora con il post rock, ora con lo shoegaze, ora con il folk, ora con il post HC. Lo dicevamo con un mio amico qualche giorno fa:

"D. - Ma quanto sarà bello il black metal, ancora dopo 25 anni regala soddisfazioni
Io - Vero?
D. - Credo che quello che cantava con me e diceva/scriveva che era stato il nuovo punk avesse ragione... Se pensi a come generi siano riusciti a modificarsi, cambiare, infiltrarsi e rimanere vitali aveva proprio ragione
Io - No no infatti, è vitalissimo, molto più di tanti altri generi nel metal... E per come era nato, così oltranzista, è quasi un paradosso."

Questo post è nato da alcuni ascolti che sto facendo in questi giorni: tra scoperte e riscoperte mi sono reso conto che c'è un filo conduttore in tutto quello che ascolto, il pathos appunto, il saper emozionare (con la malinconia nel mio caso), e poco importa se si parla di Cascadian Black Metal, Depressive Black Metal, Post Black Metal o altre diversificazioni simili, l'importante è arrivare a questa condizione.


Qualche ascolto:

Clouds Collide - As If a Dead Leaf
Harakiri For The Sky - Mad World
Regarde Les Hommes Tomber - II Wanderer Of Eternity
So Hideous - My Light
Saor - Roots
Wolves In The Throne Room - I Will Lay Down My Bones Among The Rocks And Roots
Alda - Wandering Spirit
Thränenkind - This Story of Permanence

...e tante altre...

2 commenti:

  1. Quel D è un bischero, dai retta. Il metal migliore è il djent

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  2. http://cf.chucklesnetwork.com/items/2/4/2/3/2/original/learnt-maths-by-listening-to-meshuggah.jpg

    ahahhahaha

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