Quando non ci riesce a descrivere cosa ci fa paura, forse riusciamo a dire dove abbiamo paura. E' il bosco, sono quelle facce terribili e straziate che ci appaiono tra albero e albero, mentre il treno corre veloce.
“Eden” lo chiamano, ma di paradiso ha ben poco. Nel bosco il buio arriva presto, l'unico riparo sembra essere la vecchia baita di legno contornata dalle querce, ma non si deve entrare, si deve restare fuori, distendersi nell'erba, esserne parte, e attendere, in questo stato di sospensione, la paura. E quando essa arriva non è come te l'aspetti, non sei pronto ad accettarla, sebbene ti abbiano insegnato a padroneggiare le tue emozioni. E' fisica, ha la forma di una cerva che partorisce un cerbiatto morto, di una volpe che si nutre delle sue carni, di un albero morto dentro che non vedrà più altre primavere. Sei nella Natura, sguazzi nel suo regno, dove tutto pare essere fatto per morire senza ragione, come le ghiande che cadono incessanti sul tetto di legno della baita, come l'uccellino appena nato che si sporge troppo dal nido e cade, il suo corpicino dilaniato dalle formiche che sembravano attenderlo fameliche a terra. L'uccellino cade e muore così come è accaduto a tuo figlio, il cui pianto pare adesso riecheggiare in tutto il bosco, quasi a voler distruggere la tua mente già sull'orlo della follia. Non è tuo figlio che piange, sono le creature della Natura, è il loro urlo quello che senti, il pianto di tutte le cose che sono destinate a morire. Quando ti dicono che la Natura è la Chiesa di Satana rabbrividisci, la tua razionalità vacilla paurosamente, sembri quasi sul punto di crederci ma poi no, non può essere vero, sono solo favole, anche le ghiande non piangono, sono solo i tuoi pensieri che distorcono la realtà, certo non il contrario.
Il Caos pare regnare in quella piccola porzione di paradiso apparente, che si rivela essere solo la punta di una piramide in cui la follia pare crescere in maniera esponenziale, giorno dopo giorno, in cui vecchie storie di stregoneria e atroci delitti paiono uscire dai libri e scorrazzare selvagge tra le piante decadenti. La Natura, l'erba, le foglie, non sono loro quelle da temere, è la stessa Natura umana, l'indole dell'uomo, è lei il Male più grande e distruttore, che non muore mai, come quella maledetta cornacchia, sotterrata eppure sempre in grado di gracchiare con vigore.
L'epilogo può essere solo uno, e i Tre Mendicanti sveleranno ogni verità: al loro arrivo qualcuno dovrà morire, e la Morte, la follia, e la Natura, troveranno una nuova ragion d'essere.
Nuove band emergono dal sottobosco black metal che si è sviluppato, ormai da qualche anno, nella regione statunitense denominata “Cascadia”. Stavolta parliamo degli Addaura, ensemble di Seattle che si sta facendo largamente conoscere per merito del suo ultimo parto, “Burning For The Ancient”. Sebbene lo spettro dei WITTR aleggi abbastanza pesantemente nelle stanze musicali create da questi ragazzi, il risultato è ben sopra ogni più rosea aspettativa, evitando di incorrere nel difetto forse più grosso che possono avere tanti questi gruppi, la mancanza di originalità. I Nostri ci ammaliano con quattro lunghi pezzi di black metal veloce, dall'impianto fortemente sciamanico e rituale, in grado di ipnotizzare letteralmente l'ascoltatore circondandolo da spirali musicali che, per concezione, rimandano addirittura al post rock (quindi uno stesso riff di base ripetuto e accresciuto alla bisogna). Completa il tutto uno scream lancinante ma mai troppo disturbante e delle parentesi atmosferiche che stordiscono forse più della bufera sonora che le precede o le segue.
Come da consuetudine anche qui solo LP e cassette disponibili (forse un CD in futuro, chi può dirlo): questo però non deve bloccare la voglia di ascoltare questi ragazzi, soprattutto da parte di chi ha un debole per i Wolves In The Throne Room e per la scena nella quale si muovono (e che hanno di fatto contribuito a creare). Ritualistici e d'atmosfera, una gran bella sorpresa.
“Eden” lo chiamano, ma di paradiso ha ben poco. Nel bosco il buio arriva presto, l'unico riparo sembra essere la vecchia baita di legno contornata dalle querce, ma non si deve entrare, si deve restare fuori, distendersi nell'erba, esserne parte, e attendere, in questo stato di sospensione, la paura. E quando essa arriva non è come te l'aspetti, non sei pronto ad accettarla, sebbene ti abbiano insegnato a padroneggiare le tue emozioni. E' fisica, ha la forma di una cerva che partorisce un cerbiatto morto, di una volpe che si nutre delle sue carni, di un albero morto dentro che non vedrà più altre primavere. Sei nella Natura, sguazzi nel suo regno, dove tutto pare essere fatto per morire senza ragione, come le ghiande che cadono incessanti sul tetto di legno della baita, come l'uccellino appena nato che si sporge troppo dal nido e cade, il suo corpicino dilaniato dalle formiche che sembravano attenderlo fameliche a terra. L'uccellino cade e muore così come è accaduto a tuo figlio, il cui pianto pare adesso riecheggiare in tutto il bosco, quasi a voler distruggere la tua mente già sull'orlo della follia. Non è tuo figlio che piange, sono le creature della Natura, è il loro urlo quello che senti, il pianto di tutte le cose che sono destinate a morire. Quando ti dicono che la Natura è la Chiesa di Satana rabbrividisci, la tua razionalità vacilla paurosamente, sembri quasi sul punto di crederci ma poi no, non può essere vero, sono solo favole, anche le ghiande non piangono, sono solo i tuoi pensieri che distorcono la realtà, certo non il contrario.
Il Caos pare regnare in quella piccola porzione di paradiso apparente, che si rivela essere solo la punta di una piramide in cui la follia pare crescere in maniera esponenziale, giorno dopo giorno, in cui vecchie storie di stregoneria e atroci delitti paiono uscire dai libri e scorrazzare selvagge tra le piante decadenti. La Natura, l'erba, le foglie, non sono loro quelle da temere, è la stessa Natura umana, l'indole dell'uomo, è lei il Male più grande e distruttore, che non muore mai, come quella maledetta cornacchia, sotterrata eppure sempre in grado di gracchiare con vigore.
L'epilogo può essere solo uno, e i Tre Mendicanti sveleranno ogni verità: al loro arrivo qualcuno dovrà morire, e la Morte, la follia, e la Natura, troveranno una nuova ragion d'essere.
Nuove band emergono dal sottobosco black metal che si è sviluppato, ormai da qualche anno, nella regione statunitense denominata “Cascadia”. Stavolta parliamo degli Addaura, ensemble di Seattle che si sta facendo largamente conoscere per merito del suo ultimo parto, “Burning For The Ancient”. Sebbene lo spettro dei WITTR aleggi abbastanza pesantemente nelle stanze musicali create da questi ragazzi, il risultato è ben sopra ogni più rosea aspettativa, evitando di incorrere nel difetto forse più grosso che possono avere tanti questi gruppi, la mancanza di originalità. I Nostri ci ammaliano con quattro lunghi pezzi di black metal veloce, dall'impianto fortemente sciamanico e rituale, in grado di ipnotizzare letteralmente l'ascoltatore circondandolo da spirali musicali che, per concezione, rimandano addirittura al post rock (quindi uno stesso riff di base ripetuto e accresciuto alla bisogna). Completa il tutto uno scream lancinante ma mai troppo disturbante e delle parentesi atmosferiche che stordiscono forse più della bufera sonora che le precede o le segue.
Come da consuetudine anche qui solo LP e cassette disponibili (forse un CD in futuro, chi può dirlo): questo però non deve bloccare la voglia di ascoltare questi ragazzi, soprattutto da parte di chi ha un debole per i Wolves In The Throne Room e per la scena nella quale si muovono (e che hanno di fatto contribuito a creare). Ritualistici e d'atmosfera, una gran bella sorpresa.
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